La cattedrale di San Patrizio. Prima tappa del soggiorno di papa Francesco a New York è questo imponente edificio neogotico, con le sue caratteristiche guglie che si stagliano nel cuore di Manhattan, tra enormi grattacieli, come un segno della fede in mezzo all’indifferentismo religioso.
Fede che negli Stati Uniti è tenuta viva anche dall’impegno costante dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose. È con loro che il Santo Padre recita i Vespri all’interno della cattedrale di San Patrizio. E, prima di farlo, rivolge un pensiero al popolo musulmano, colpito dalla tragedia vicino La Mecca proprio nel giorno della Festa del Sacrificio.
Poi indica in questa “bella” cattedrale, “costruita in molti anni con il sacrificio di tanti uomini e donne”, un simbolo “dell’opera di generazioni di sacerdoti, di religiosi e di laici americani che hanno contribuito all’edificazione della Chiesa negli Stati Uniti”.
Lo hanno fatto – ricorda il Pontefice, che arriva a New York sulla scia dei suoi predecessori Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – “a costo di sacrifici straordinari e con carità eroica”. A tal proposito cita come esempi Santa Elisabetta Anna Seton, “che fondò la prima scuola cattolica gratuita per ragazze in America”, e san Giovanni Neumann, “fondatore del primo sistema di educazione cattolica negli Stati Uniti”.
Una storia nobile, quella della Chiesa statunitense, macchiata però da gravi scandali deflagrati al suo interno “nel non lontano passato”. Il Vescovo di Roma affronta il tema spinoso, riconosce la sofferenza del corpo sacerdotale che ha sopportato “la vergogna a causa di tanti fratelli che hanno ferito e scandalizzato la Chiesa nei suoi figli più indifesi…”. Ma aggiunge: “Come nell’Apocalisse, vi dico che sono cosciente che ‘giungete dalla grande tribolazione’ (cfr 7,14). Vi accompagno in questo tempo di dolore e difficoltà; come pure ringrazio Dio per il servizio che realizzate accompagnando il popolo di Dio”.
Dopo di che propone una breve catechesi indicando “due pilastri della vita spirituale”. Il primo è lo “spirito di gratitudine”. Egli ricorda che “la gioia di uomini e donne che amano Dio attrae altri ad essi” e che “la gioia sgorga da un cuore grato”. Di qui l’invito a “ripercorrere la nostra vita con la grazia della memoria”, per ricordare sempre le tante grazie e benedizioni che “abbiamo ricevuto” e, soprattutto, per ricordare l’incontro con Gesù Cristo “in tanti momenti lungo il cammino.
Secondo pilastro è lo “spirito di laboriosità”. Il Papa sottolinea che “un cuore grato è spontaneamente sospinto a servire il Signore e a intraprendere uno stile di vita operoso” poiché quando “ci rendiamo conto di quanto Dio ci ha dato, il cammino della rinuncia a se stessi per lavorare per Lui e per gli altri diventa una via privilegiata per rispondere al suo grande amore”.
Esiste tuttavia “una spiritualità mondana” da cui Francesco mette in guardia. “Possiamo essere intrappolati nel misurare il valore dei nostri sforzi apostolici dal criterio dell’efficienza – spiega -, della funzionalità e del successo esterno che governa il mondo degli affari”. Pur riconoscendo che “ci è stata affidata una grande responsabilità e giustamente il Popolo di Dio si aspetta delle verifiche”, il Santo Padre rammenta che “il vero valore del nostro apostolato viene misurato dal valore che esso ha agli occhi di Dio”.
Un valore appeso ai legni della croce. “La croce ci mostra un modo diverso nel misurare il successo: a noi spetta seminare, e Dio vede i frutti delle nostre fatiche”, afferma il Papa, ricordando che la vita di Gesù Cristo, se valutata con criteri mondani, si concluse con un fallimento.
Altro segno della mondanità, ossia i confort, sono l’ulteriore pericolo che Francesco chiama in causa. Ricorda che essere “gelosi del nostro tempo libero” può “offuscare la potenza della quotidiana chiamata di Dio alla conversione, all’incontro con Lui”.
Il Papa spiega che “il riposo è una necessità, come lo sono i momenti di tempo libero e di ricarica personale, ma dobbiamo imparare come riposare in maniera che approfondisca il nostro desiderio di servire in modo generoso”. Servizio che si traduce in “vicinanza ai poveri, ai rifugiati, ai migranti, ai malati, agli sfruttati, agli anziani che soffrono la solitudine, ai carcerati e a tanti altri poveri di Dio”.
Infine, ricordando ancora le attività e i sacrifici quotidiani (“molti di questi conosciuti solo da Dio”) della Chiesa statunitense, papa Francesco esprime un pensiero e un “grazie grandissimo” alle religiose di questo Paese. “Che cosa sarebbe questa Chiesa senza di voi?”, si chiede. “Donne forti, lottatrici; con quello spirito di coraggio che vi pone in prima linea nell’annuncio del Vangelo”, prosegue ricevendo scroscianti applausi.
E ancora, prima di cantare il Magnificat e di “mettere nelle mani della Madonna l’opera che ci è stata affidata”, il Pontefice invita ancora l’assemblea a resistere alle avversità. Sull’esempio di Cristo, che “ringraziò il Padre, prese la sua croce e guardò avanti”.
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