Novità in vista per i finanziamenti alle imprese no profit: a partire dal primo ottobre, infatti, i prestiti alle organizzazioni del Terzo settore costeranno agli istituti di credito il 25 per cento in meno in termini di assorbimento del patrimonio. La svolta, che sarà ufficializzata il 30 settembre, giunge dopo il via libera dato dalla Banca d’Italia alla nuova interpretazione del Credit Risk Regulation, ovvero il rischio di insolvenza nell’ambito delle operazioni creditizie. Un rischio, che secondo gli accordi internazionali di Basilea del 2007, deve essere calcolato nei minimi dettagli dalle banche per garantire la stabilità e la solidità del sistema bancario.
Fino ad oggi, in pratica, per adattarsi alle disposizioni di vigilanza degli accordi di Basilea, la Banca d’Italia aveva stabilito un assorbimento di patrimonio dell’8 per cento per i crediti alle imprese sociali e allo organizzazioni no profit, contro un 6% per le famiglie e le piccole imprese. Una bella differenza, quindi, che favoriva il mercato retail a discapito delle imprese sociali, i cui prestiti risultavano per le banche il 25 per cento più sfavorevoli. “È un segnale importante – ha commentato al riguardo Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale per il volontariato (Cnv) e deputato del Partito democratico – perché si tratta di un giusto riconoscimento per il Terzo settore che, come dimostrato anche dai dati, non solo resiste alla crisi ma è anche capace di creare occupazione producendo al contempo beni relazionali e coesione sociale. Questo è un mondo che va in controtendenza e che merita senza alcun dubbio di essere sostenuto e incentivato”.
E i numeri, in tal senso, parlano chiaro. Con 5 milioni di volontari, 12mila cooperative sociali, almeno 800mila occupati, oltre 300mila istituzioni attive, il mondo del non profit rappresenta il 4% del Pil nazionale, l’equivalente di quasi 70 miliardi di euro. E, stando alle statistiche, il Terzo settore italiano ha registrato negli ultimi vent’anni una crescita enorme: secondo l’ultimo censimento dell’Istat, le istituzioni no profit sono aumentate del 28 per cento in dieci anni, con un incremento che ha riguardato tutte le regioni, ma con punte sopra la media al Centro e nel Nord-Ovest. Numeri importanti, che non solo qualificano il Terzo settore come presidio fondamentale per la coesione sociale del Paese, ma certificano anche il suo ottimo stato di salute.
“Fino a questo momento – spiega il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri – il mondo delle imprese no profit veniva spesso considerato come un cliente di secondo livello, a cui era rischioso elargire prestiti”. Questo stereotipo, per altro totalmente infondato, aveva finito per generare un’errata interpretazione del regolamento che non rispecchiava in alcun modo i tassi di solvibilità del settore. “In altre parole – aggiunge Biggeri – in passato, ogni cento euro prestati alle organizzazioni del terzo settore, banche come la nostra dovevano accantonarne 8, contro i 6 nel caso di prestiti alle piccole e medie imprese”.
Adesso, grazie alle nuove disposizioni in materia, sarà soltanto questione di pochi giorni e poi il differenziale fra i prestiti alle organizzazioni non profit e quello al mercato retail sarà azzerato. Secondo Biggeri, il passaggio al 6 per cento comporterà uno “scongelamento” di quasi tre milioni di euro rispetto a un capitale di 76 milioni e impieghi per 630 milioni. “Si tratta di risorse – aggiunge il presidente di Banca Etica – che finalmente potremo riutilizzare. Ma la novità più importante non risiede solo nell’aspetto economico, bensì in quello culturale. Da oggi finalmente il mondo delle imprese sociali smette di essere considerato come un cliente di serie B e acquista una nuova e meritata fiducia verso i creditori”.
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