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Pentecoste europea per evitare Babele

L’accento non era proprio oxfordiano. Ma l’inglese sfoggiato da Papa Francesco in alcuni discorsi durante il suo viaggio negli Stati Uniti ha rappresentato un ulteriore segnale di amicizia e di vicinanza al popolo americano: segnale che sarà costato qualche impegno straordinario a Bergoglio, “ispanohablante”, non uso alle lingue straniere (è risaputo che il Pontefice si trovi a suo agio soprattutto con l’italiano e il latino, oltre che con la lingua madre, lo spagnolo).
Così, nella Giornata europea delle lingue, che si celebra il 26 settembre, lo stesso Papa lancia – seppur indirettamente – un messaggio positivo: studiare e parlare le lingue estere è un segno forte di apertura, un messaggio di disponibilità all’ascolto, al dialogo, alla relazione, un simbolo di rispetto e di apprezzamento per le diversità nazionalità e culturali, che passano anche – non solo – dalla lingua in cui ci si esprime. Diversità “convergenti”, dunque, sulle quali si fonda la storia del Vecchio continente (e a maggior ragione quella degli Stati Uniti), così pure l’intero processo di integrazione comunitaria.
Nonostante ciò, gli idiomi che attraversano l’Europa non sono ancora patrimonio condiviso e tutto sommato pochi cittadini Ue conoscono lingue diverse da quelle apprese da mamma e papà. Le lingue ufficiali dell’Ue sono 24; ma sono almeno 60 quelle minoritarie o regionali; senza contare l’infinità di parlate e dialetti portati in Europa dai nuovi arrivati, migranti e profughi provenienti da ogni angolo del globo.
Eurostat, ufficio statistico dell’Unione, segnala peraltro che lo studio delle lingue sta progressivamente prendendo piede nelle scuole di ogni ordine e grado. Sono oltre l’80% gli scolari delle scuole primarie in tutta l’Ue che dedicano almeno qualche ora alle lingue estere; salendo con l’età, alle medie e alle superiori (tra gli 11 e i 18 anni), si arriva al 95%. Gli istituti del Belpaese si collocano quasi in vetta a questa classifica: praticamente tutti i ragazzi italiani studiano inglese (preferibilmente), francese, spagnolo o tedesco; pochi, invece, coloro che accedono alla doppia lingua.
Del resto è proprio l’inglese l’idioma più studiato – come prima o seconda lingua – dai giovani europei (oltre il 95% del totale degli alunni), seguito da francese (27%), tedesco (16%, in forte crescita), spagnolo (11%, crescita esponenziale, soprattutto in Italia). E ci sono persino 200mila giovani di altri Paesi – soprattutto croati, sloveni e maltesi – che si applicano alla lingua di Dante.
La Giornata delle lingue, sostenuta tanto dall’Ue quanto dal Consiglio d’Europa, è naturalmente solo un simbolo, una buona occasione per sottolineare ancora una volta il valore della “unità nella diversità”. Del comprendersi per costruire qualcosa insieme. Perché l’Europa possa essere – prendendo a prestito un’immagine biblica – una Pentecoste, non già una Babele.

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