Se la corruzione, come ha ribadito di recente papa Francesco “è una piaga della società”, l’Africa sanguina. Ormai, ogni anno, ha mostrato un rapporto dell’Unione Africana e delle Nazioni Unite, oltre 50 miliardi di dollari lasciano illegalmente il continente, per opera di governi o multinazionali. “Siamo convinti che pratiche corrotte stiano facilitando questi flussi in uscita, indipendentemente da cattive capacità di gestione”, ha specificato l’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki, che guida la commissione incaricata di far luce sul fenomeno.
Risvegliare le coscienze. Proprio il Sudafrica, secondo lo studio pubblicato all’inizio di quest’anno, è uno dei Paesi dove l’allarme è più alto. Tra il 1970 e il 2008, ha visto infatti scomparire più di 81 miliardi di dollari, quasi un decimo della cifra totale (850 miliardi) persa dall’Africa. E queste cifre non includono la cosiddetta “piccola corruzione”, quella che avviene nella vita quotidiana, costata, secondo dati dell’ong Transparency International, altri 51 miliardi di dollari in vent’anni. “Crediamo che si debba fare di più, sentiamo molte parole, ma vediamo poche azioni concrete”, afferma l’arcivescovo di Pretoria e portavoce della conferenza episcopale, mons. William Slattery. Proprio nella sua diocesi il 30 settembre si svolgerà una marcia davanti al palazzo presidenziale, una delle iniziative più importanti della mobilitazione nazionale anticorruzione convocata da sindacati, organizzazioni non governative ed esponenti della società civile. Anche la Chiesa cattolica vi ha aderito, confermando l’impegno che da sempre la contraddistingue su questo tema, e che aveva tra l’altro portato i presuli, nel 2013, a dedicare alla questione una lettera pastorale. “Come Chiesa cattolica e come Chiese cristiane possiamo fare molto in questo Paese – continua mons. Slattery – risvegliando le coscienze delle persone, mostrando il legame che c’è tra l’essere cristiano e l’impegno nella società”. Un compito che ha anche risvolti pratici, per attaccare le radici del fenomeno. “Qui a Pretoria – testimonia l’arcivescovo – abbiamo deciso di puntare sulla formazione al lavoro: ci sono più di 9 milioni di giovani diplomati senza impiego” e la mancanza di opportunità alimenta le pratiche illegali. “Ma adesso – aggiunge il portavoce della conferenza episcopale – siamo ad un momento decisivo, i cittadini cominciano a rendersi conto che la questione non è più semplicemente politica, ma morale”.
Lavorare insieme. A preoccupare la società civile africana – e i religiosi con essa – è anche il fatto che la corruzione non risparmi settori chiave per il futuro dei rispettivi Paesi: se in Sudafrica è il caso della scuola (il problema è percepito come urgente dal 53% della popolazione, secondo un sondaggio dell’organizzazione locale Corruption Watch), in Ghana è stata coinvolta l’amministrazione della giustizia. Ventidue magistrati e 12 giudici sono stati sospesi e indagati per aver chiesto tangenti in cambio di sentenze favorevoli: una pratica che ha portato la Chiesa locale a chiedere a tutti i cittadini di “rendersi conto di quanto la corruzione abbia divorato il tessuto sociale ghanese e avere il coraggio di affrontare questo cancro sia nella vita privata che in quella pubblica”. Anche in questo caso, la presa di posizione ecclesiale non era stata la prima. A novembre dello scorso anno, ricorda il comunicato firmato dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Joseph Osei-Bonsu, i presuli avevano denunciato come il Ghana fosse “apertamente e pervasivamente corrotto (…) a tutti i livelli della società”. Parole che sono state ribadite negli scorsi giorni da mons. Osei-Bonsu, prima di lanciare un appello al governo, perché faccia “di più” e all’intera popolazione, chiedendo un “cambio di atteggiamento e di comportamento”. “Crediamo che i ghanesi abbiano ancora la capacità di lavorare insieme per lottare contro concussione e corruzione, i due mali gemelli che hanno devastato la società da tempo. Non tutto è perduto. Come uomini, siamo capaci del peggio, ma anche di innalzarci al di sopra di noi stessi, scegliendo di nuovo ciò che è buono e ripartendo dall’inizio”, hanno scritto inoltre i vescovi, invitando ogni cittadino a fare la propria parte.