Filippo come è maturata in te la fede?
Lavoravo in un ufficio postale e la direttrice mi invitò a partecipare ad un pellegrinaggio. Era il 1956. Le risposi che non ero capace. Stare con gli ammalati per me era qualcosa di estremamente difficile. Poi, per farla contenta, ho accettato. Il 28 Settembre di quell’anno partimmo per Loreto. Rimasi meravigliato. Vedendo certi malati, è nato in me il desiderio di aiutarli, e così rimasi nell’unitalsi. Così, sono trascorsi diversi anni, fino a quando, nel 1987 mi nominarono presidente a San Benedetto. Assieme ad altri collaboratori, abbiamo iniziato un percorso che ha portato al soggiorno di Ferrà, aperto nel Luglio 1984, poi abbiamo aperto il diurno a San Benedetto. Entrambe le realtà vanno avanti tuttora, e mi auguro che abbiano un futuro il futuro. Credo che sarà così, perché abbiamo dei giovani volontari molto in gamba. L’unitalsi di San Benedetto è una bella realtà. Sono contento, perché vedo un’unitalsi sana, così come l’abbiamo lasciata io e il mio predecessore.
Com’è nata l’idea del Biancazzurro? Allora presidente era Peppino Mosca.
Il Biancazzurro è nato per merito di Dante Pulcini, che ricevette un contributo da un medico di Grottammare, il Dottor Laureati, per acquistare un terreno sul quale si chiese poi di fabbricare la struttura, realizzata grazie a molti benefattori. Il personale dell’unitalsi si diede molto da fare per raccogliere i fondi necessari, anche attraverso la “vendita dei mattoni”. Il Vescovo Chiaretti al suo arrivo, aggiunse un altro contributo importante. Adesso il Biancazzurro è una realtà molto interessante, non solo per la casa famiglia che ospita, ma perché è un punto d’incontro con gli ammalati. Gli incontri si tengono dalle 9.00 alle 17.00 e l’unitalsi da una mano con la sua opera di volontariato.
Quello che poi è successo a livello nazionale, dunque, faceva già parte dell’esperienza di San Benedetto. L’unitalsi di San Benedetto ha saputo guardare molto avanti. Non è così?
Fu un assistente assistente nazionale dell’unitalsi a darci lo spunto per metterci all’opera: Mons. Paoletti della provincia di Macerata. Molto legato a San Benedetto, fu proprio lui a dirci che dovevamo darci da fare per gli ammalati. Partendo dai suoi spunti, abbiamo organizzato i primi soggiorni a Montemonaco e il diurno a San Benedetto, integrandoli alle attività parrocchiali che allora c’erano. È stato il nostro modo di dare una risposta a quello che ci veniva chiesto. Dobbiamo ringraziare i giovani se ancora riusciamo a prestare questo importante servizio.
Da quanto tempo vieni in pellegrinaggio a Lourdes? Come è cambiata Lourdes in questi anni?
Io vengo a Lourdes dal 1979. Mi ricordo che negli anni passati i volontari unitalsi erano molti. Ora siamo molti meno, e sinceramente non saprei dire da cosa è dipeso. Di certo è anche una conseguenza della crisi: il costo del pellegrinaggio è abbastanza alto, specialmente se si pensa alle spese che deve sostenere una famiglia. Ci sono anche delle novità positive, ovviamente. Lourdes è migliorata molto. Ma si sente la mancanza l’unitalsi, e questo è un grande dispiacere per me.
Cosa diresti a chi non ha ancora vissuto l’esperienza del pellegrinaggio? Perché dovrebbe avvicinarsi all’unitalsi? E perché venire a Lourdes?
Io da Lourdes ho ricevuto tanto. Il coraggio di superare il mio pregiudizio e la convinzione di non essere capace.
Un’esperienza così ti riempie di carica, e al ritorno sei pieno di forze. Lavorare nell’unitalsi significa innanzitutto fare un servizio per gli ammalati, andare incontro ai loro bisogni e desideri. Sono loro stessi che chiedono di venire a Lourdes. Purtroppo, se manca il personale, è impossibile far avverare i loro desideri. Ma non finisce tutto a Lourdes: tornando in diocesi, le esperienze proseguono e si può dare una mano nelle varie realtà.
In questi anni, cosa diresti che ti ha colpito di più?
Il primo anno ho fatto servizio alle piscine, dove ho visto le sofferenze delle persone che venivano a immergersi. È stato davvero un momento forte per me. Guardando il loro sorriso, pensavo che a me non mancava nulla. Ero giovane e in salute, ma desideravo dare il mio aiuto, fare qualcosa per tutti quelli che avevano bisogno di me.
Hai assistito ad eventi straordinari?
Non so se si trattò di un miracolo. L’ultima sera di uno dei pellegrinaggi, andammo alla grotta di notte per ringraziare la Madonna. La grotta era piena di persone. A un tratto arrivò una barella con un giovane ammalato, che non era in grado di camminare e si fermò poco distante da noi. Il giovane cominciò a urlare contro la Madonna dicendo: “Sei una bugiarda. Mi avevi promesso che se fossi venuto a Lourdes sarei stato guarito, invece domani torno a casa così come sono arrivato. Ho fatto tre bagni, non ho mancato una cerimonia. Non posso crederti più.” I volontari cercarono di calmarlo e di ristabilire la calma. All’improvviso questo ragazzo saltò a terra e cominciò a camminare. Fu portato in infermieria, e da quel momento non ho saputo più nulla. Dopo qualche tempo lessi un articolo su “Fraternità” che raccontava del miracolo. È stata una testimonianza molto bella per me.