DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 28 settembre.
Il Vangelo di Marco, ormai lo abbiamo capito, è un racconto “di strada”, poiché ci presenta un Gesù in perpetuo movimento, che fa della strada, appunto, il luogo privilegiato per l’annuncio del Regno, dove è possibile incontrare l’umanità più vera, più povera, più bisognosa, mentre rifugge i luoghi dei del potere religioso e politico. Allora, molte volte, sono i “capi” che vanno da lui, quasi sempre per tendergli un tranello o, come dice il Vangelo di domenica prossima, «per metterlo alla prova» con una domanda: è lecito a un marito ripudiare la propria moglie?
Bisogna sapere che gli interlocutori non avevano affatto bisogno di chiarimenti in merito, perché la Legge di Mosé e, precisamente, il libro del Deuteronomio (24,1-4), contemplava già il caso del ripudio, come lo stesso Gesù fa dire a questi farisei interrogandoli a sua volta.
Ma Gesù non si lascia tirare dentro questioni di interpretazioni e di cavilli e cambia il terreno della questione, riportandola al suo fondamento, alle origini, a quell’ «in principio» in cui ogni cosa fu creata dalla Parola di Dio. Cosa c’è all’origine dell’unione sponsale tra un uomo e una donna? “L’amore”, risponderemmo noi! Giusto, ma può mai essere una “legge” a far nascere l’amore o a decretarne la fine? Il testo di Genesi che costituisce la I^ lettura, in parte citato da Gesù nel Vangelo, non parla di una legge, ma di una volontà di bene di Dio verso l’uomo: «non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda».
Dal “volere bene” di Dio scaturisce il “volersi bene” dell’uomo e della donna; per il loro “corrispondersi” di questo amore «l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne». Sicuramente, questa Parola di Gesù sull’amore sponsale è molto esigente, ma, in realtà per Gesù è l’amore in se stesso a non poter essere altro che dono totale di se stessi all’altro, in ogni tipo di relazione, dal momento che egli ci ha chiesto di amarci come Lui ci ha amati, Lui che, come dice la Lettera agli Ebrei nella II^ lettura, «ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti». Il Vangelo si conclude con il Maestro che mette, ancora una volta, al centro i bambini perché «chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, rimproverati i discepoli che volevano cacciarli, «prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro». Sì, l’amore ha qualcosa di sovra-umano, ma non dobbiamo pensare che Gesù ci chieda di essere dei supereroi per poterlo vivere, ma aspetta che tendiamo le braccia verso di Lui per poterlo accogliere, come i bambini.
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