Può un piano dolorosissimo di tagli al personale (2.900 esuberi) giustificare il ricorso alla violenza diretta sui presenti responsabili di una crisi aziendale? La risposta dei fatti, la violenza esercitata ed esibita, sembrano dare ragione a chi intravede in questa fase delle relazioni sindacali una crisi profondissima della rappresentatività nel mondo del lavoro. Ma soprattutto, ed è il non detto, sembra emergere una rassegnazione di fondo: i rapporti di forza nel mondo del lavoro al tempo della globalizzazione sono tali che l’esito delle vertenze è già scritto. Cioè quei 2.900 lavoratori sono già “condannati” e le trattative vengono considerate solo un tempo di lenta e dolorosa agonia. Anche perché la possibilità per i Governi di scaricare i costi dei conflitti di lavoro sulla fiscalità generale, attraverso vari meccanismi, sono ormai fuori dalle regole europee. Per non parlare della manifesta contrarietà delle opinioni pubbliche ultratassate e spaventate.
Non resta che avviare una seria riflessione sulle responsabilità e sul ruolo dei sindacati in un mondo globalizzato. Nella consapevolezza che questo mondo nuovo porta con sé il ritorno della violenza arcaica.