In Argentina, a pochi giorni dalle elezioni nazionali del 25 ottobre, si parla solo della “pesante eredità” che l’amministrazione della presidente Cristina Kirchner lascerà al nuovo governo. E tale eredità conterrebbe, secondo quanto rivelato dai media nelle ultime ore, i 15mila nuovi impiegati pubblici che il governo intenderebbe assumere prima di andarsene, se riuscisse a ottenere nel Parlamento l’approvazione del provvedimento che riguarda il preventivo per il 2016.
Crescita abnorme dei pubblici impiegati. Domenica sera, nel primo dibattito della storia argentina tra candidati presidenziali – messo in onda dalla televisione privata – la preoccupazione degli oppositori al governo sulla questione è emersa con forza. Tranne il candidato del kirchnerismo, Daniel Scioli, rifiutatosi inspiegabilmente di partecipare a un dibattito che la stessa Chiesa argentina già da mesi aveva invitato a sostenere, sia Mauricio Macri (leader della forza Pro e capo del Frente Cambiemos) sia Sergio Massa (del Frente Renovador) hanno parlato della necessità di garantire uno Stato trasparente, di migliorare la qualità istituzionale e di dare prestigio alla carriera pubblica. L’impiego statale, durante i dodici anni di governo kirchnerista – dal 2003 ad oggi -, è cresciuto del 55%: amici e familiari di funzionari pubblici sono stati beneficiati con posti di lavoro nella struttura statale e molti di loro percepiscono lo stipendio senza nemmeno andare in ufficio. Si calcola che attualmente lavorano per lo Stato nazionale 412.270 impiegati, sia per l’amministrazione centrale sia per agenzie statali decentrate e senza contare i lavoratori degli Stati provinciali. All’organizzazione La Campora, vicina al potere, si attribuiscono le “migliori conquiste” in quest’area e i candidati oppositori non hanno risparmiato sforzi nell’incolparla della crescita abnorme della struttura statale. “L’impiego pubblico non sarà utilizzato come proprio rifugio da La Campora”, ha affermato il candidato Mauricio Macri. Anche il candidato Sergio Massa, del Frente Renovador, ha dichiarato di voler cancellare tutti i privilegiati de La Campora che “ci vogliono lasciare quali parassiti sulla struttura statale”.
Più trasparenza. Alla televisione, nel corso del dibattito organizzato dalla ong “Argentina Debate”, la questione è stata legata alla corruzione all’interno delle strutture dello Stato. “Nessuna democrazia è completa se è macchiata dalla corruzione. Dobbiamo recuperare la credibilità dello Stato, dell’Istituto nazionale di statistiche e censimenti e della stessa Banca centrale. Dobbiamo prevedere il delitto di corruzione e costruire un ‘nunca mas’ della corruzione”, ha dichiarato il candidato Sergio Massa, ricordando il nome della rassegna sui desaparecidos della dittatura argentina, pubblicata in occasione del ritorno alla democrazia. “Occorre unirsi per migliorare la qualità istituzionale. Questa non è la miglior democrazia che si possa avere. Ci vuole uno Stato trasparente”, ha ribadito il candidato Macri.
Situazione complessa. Di certo c’è che lo Stato è diventato negli ultimi anni il principale datore di lavoro del Paese. Mentre l’impiego nel settore privato è cresciuto del 50% tra il 1998 e il 2014, l’impiego pubblico è salito addirittura dell’85%. Oggi il settore statale rappresenta il 26% del mercato di lavoro. Si parla, secondo la Fundacion de Investigaciones Economicas Latinoamericanas (Fiel), di un totale di ben 3.487.027 di impiegati pubblici in tutto il paese, includendo i lavoratori degli stati provinciali. I candidati presidenziali, che parlano sempre degli agenti dello Stato nazionale (finora 412mila), sanno che potranno rivedere circa 24mila contratti di persone che non sono inserite in pianta stabile nello Stato e che i posti di lavoro si sono moltiplicati soprattutto nei ministeri della Sanità e dello Sviluppo sociale, dove i lavoratori a contratto sarebbero oltre 8mila. Ormai, si sa che non sarà facile per il nuovo governo affrontare il problema e rivedere i contratti della pubblica amministrazione. I sindacati statali sono già in guardia. Bisognerà ricordare che dietro i contratti ci sono sempre le persone e valutare con particolare cura qual è in realtà il rapporto tra l’impiego pubblico e la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale.