A parte la descrizione delle “casette” svedesi, con i loro 17,5 metri quadri di superficie, montabili in 4 ore e dal costo molto contenuto (poco più di 1.000 euro), la domanda che ci si pone è: l’accoglienza che il Papa chiede sia riservata alle migliaia di migranti dai Paesi stremati dalle guerre e dalla povertà sarà davvero questa? Non è per banalizzare la questione, e nemmeno perché ci sia qualche retropensiero sul valore commerciale e strutturale di questa soluzione di emergenza, che la stessa azienda produttrice ha battezzato “Better shelter” (il “rifugio migliore”). Piuttosto è giusto interrogarsi se il futuro delle migliaia di migranti che giungeranno da noi debba avere come approdo grandi campi di accoglienza fatti di queste casette di 17,5 metri quadrati, oppure se non si debba pensare da subito a qualcosa di diverso.
Il timore, realistico, è che la “scorciatoia” delle casette-rifugio potrebbe fare capolino nella mente di più di un governante: con 1.000 euro per ciascuna casetta si sistema una famiglia, fino a cinque persone, e – voilà – il gioco è fatto. Basta poi stanziare qualche centinaio di euro mensile per gli alimenti e le prime necessità ed ecco realizzati i moderni ghetti europei, creando campi ai margini delle grandi città, lontani da occhi indiscreti e dove i migranti dovranno iniziare una nuova vita difendendo con le unghie e con i denti la loro piccola provvisoria villetta. È questo che si profila all’orizzonte? Noi lo escludiamo categoricamente. Eppure, il realismo elvetico sembra andare in questa direzione: cominciano a comprarne alcune centinaia, perché l’inverno è vicino e, se i migranti arrivano, dove li mettiamo?