Ci sono due modi per lasciarsi muovere. Essere tirati o essere spinti. Se si è tirati ci si affida a qualcosa che ci sta davanti, uno scopo, un obiettivo, un traguardo, un successo. Se si è spinti, invece, ci si affida a qualcosa che ci sta dietro, una molla, una ragione, un motivo, un ricordo, una memoria, un affetto sperimentato e certo.
A cosa vogliamo affidarci?
A ciò che ci tira, o a ciò che ci spinge?
I successi a volte non arrivano, i traguardi spesso non sono sufficienti a soddisfarci e ci scoprono insoddisfatti, non ci bastano. Dopo un minuto riappare quella mancanza che avevamo il secondo prima di raggiungerli. Spesso non sono come li aspettavamo, anzi addirittura ci deludono.
Al contrario, la ragione iniziale, solitamente nasce da una esperienza, quindi è vera, vissuta, sperimentata, ciccia. Qui abbiamo una certezza: quella esperienza ci sarà sempre. Per questo non importa il successo, non conta il traguardo, o meglio conta sì, ma mi sento libero anche di non doverlo necessariamente raggiungere. Quello a cui tengo è la mia esperienza che mi sta dietro. Non è al traguardo a cui ambisco. Anzi, non ambisco proprio a nulla, perché è la ragione iniziale che mi sta muovendo e spesso non so neanche dove mi stia portando: mi fido di essa e so che non dipende tutto da me. Quello che verrà è tutto un di più, un dono.
Così anche una pioggia inaspettata che inzuppa i propri sogni di cartone, è scoperta di una benedizione.