CHIESA MARCHE – I cristiani sanno bene che la loro fede non si fonda su un’idea, ma su un volto, quello di Gesù di Nazareth, Signore Risorto e Salvezza del mondo, ma anche uomo, fratello, amico, Maestro per i suoi discepoli, Profeta per chi lo ascoltava, Figlio di Dio per chi ha creduto in lui, eretico e ribelle per chi l’ha voluto in croce, un Galileo qualunque per chi lo ha rinnegato, un illuso per chi lo ha tradito. Se lo Spirito testimonia ai credenti che Cristo è il Signore, le pietre e la polvere della Terra Santa ricordano ancora i passi e le parole del Nazzareno, i suoi ammonimenti e i suoi miracoli, le sue lacrime e anche le sue paure, la sua morte e la sua Resurrezione, il momento in cui divino e umano si sono incontrati in modo unico e irripetibile. Questa è l’esperienza che l’Istituto Teologico Marchigiano, assieme al Pontificio Seminario Marchigiano di Ancona e al Seminario diocesano di Fermo, ha voluto proporre ai suoi studenti e professori, dal 10 al 20 settembre.
Nazareth, Gerusalemme, Betlemme, Giordania… Questi luoghi ancora “parlano” di Gesù e del contesto in cui egli ha compiuto il suo ministero. Una terra dove forse ci si aspetterebbe di sentire la Parola di Dio risuonare forte come lo shofàr nella notte che dà inizio alla festa di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. In realtà, la Terra Santa è una terra dalle mille voci: il muezzin che chiama alla preghiera i fedeli musulmani, rispondendo ai campanili che ricordano che esistono i cristiani, una presenza che, anche dopo secoli di convivenza, sembra mal tollerata; lingue diverse che si mischiano nella stessa città, ebraico, arabo, inglese, a volte anche italiano; le chiese e i monumenti tengono traccia dei popoli che nella storia hanno messo piede in questi luoghi, Ebrei, Bizantini, Persiani, Crociati, Arabi, Turchi, ma anche Inglesi, Tedeschi, Francesi, Italiani e non solo; la cupola d’oro della Moschea della Roccia svetta ricordando l’ascesa di Maometto nei cieli, mentre il Muro Occidentale, noto come Muro del Pianto, ricorda che la presenza di Dio, in ebraico shekinah, ancora non ha abbandonato Israele. Mesta, tra i vicoli della Città Vecchia a Gerusalemme, si erge la Basilica del Santo Sepolcro, il luogo più santo di tutta la Cristianità. Dentro, migliaia di cristiani, ogni giorno, pregano e invocano il Signore Risorto, nei diversi idiomi e riti delle loro tradizioni, nella Chiesa che racchiude il Golgota e il Sepolcro, luogo della Resurrezione.
Che cos’è tutto questo per un seminarista, studente di teologia? Quale voce rimane tra le migliaia che si avvertono? In una terra dove antico e moderno si mescolano, le fedi si incontrano e scontrano da secoli, l’unica voce che rimane è quella che ancora chiede, dopo duemila anni “Voi, chi dite che io sia?”. Ogni pietra invia il messaggio lampante dell’Incarnazione, Dio si è fatto carne… “Ma tu credi? Riesci ad affermare che Io mi sono fatto carne per te? Ti fidi?” sembra chiedere il Signore “Dove sei? Sei con me sul Golgota? Trionfi con me nel Sepolcro? Cammini forse nel deserto assieme a Mosè, alla ricerca della Terra Promessa? Difendi la tua fortezza montana, come gli zeloti di Masada, ignorando che è un altro il monte dove Dio si è rivelato?” Dopo quest’esperienza, una preghiera rimane nel cuore: “Signore, fa che guardando la Gerusalemme terrena, io possa contemplare quella Celeste. Amen”.