All’inizio è stato “Wikileaks” con il gioco incrociate del duplice scandalo di Julian Assange e, soprattutto, di Edward Snowden, il tecnico della Cia che ha rivelato al mondo l’invasivo programma di sorveglianza digitale messo in atto dai servizi segreti americani (computer e telefonini dei cittadini scandagliati a distanza e senza pietà). Poi è stato “Sonyleaks” (le mail private dei dirigenti della potente Major sono state rese pubbliche da una talpa creando più di una situazione di imbarazzo) e poi ancora “Vaticanleaks”. Per non parlare del caso giornalistico che ha in qualche modo rallentato la corsa elettorale di Hillary Clinton: quando era Segretario di Stato avrebbe usato il proprio account di posta elettronica per trattative diplomatiche delicate e riservatissime.
Gli americani hanno deciso che ne avevano avuto abbastanza e hanno cominciato a varare una serie di leggi molto restrittive per difendere la “privacy” digitale. “Secondo quale logica una lettera manoscritta conservata in un cassetto della scrivania dovrebbe godere di protezione maggiore dalla sorveglianza del governo di una email inviata a un collega o di un messaggio mandato con il telefonino a una persona cara?”, aveva detto all’inizio dell’anno Mark Leno un senatore democratico della California. E’ proprio la California, così, a varare la prima legge “totale” di protezione della privacy digitale dall’invadenza impropria da parte della magistratura, dei servizi segreti o della polizia investigativa. La nuova legge è stata firmata la scorsa settimana dal governatore Jerry Brown.
Già nel 1986 era stato varato a livello federale l’”Electronic Communications Privacy Act” ma, nel corso degli anni, è via via emersa la debolezza strategica della legislazione. Lo scandalo Snowden ha dimostrato con maggiore evidenza ciò che i difensori dei diritti civili lamentavano già da tempo. La legge varata adesso in California chiude le falle lasciate aperte dalle norme del 1986. E’ stata approvata senza particolari difficoltà a settembre e, secondo gli esperti dell’Unione Americana per le Libertà Civili (Aclu), è la più completa del paese. “Questa vittoria legislativa è un punto di riferimento per la privacy digitale di tutti i californiani”, ha detto alla rivista di nuove tecnologie “Wired”, Nicole Ozer, direttore di “technology and civil liberties policy” presso la sede californiana dell’Aclu. “Speriamo che diventi un modello per il resto della nazione per proteggere il nostro diritto alla privacy digitale”. Anche in altri Stati sono state varate leggi simili, ma la California è la prima ad emanare una legge organica di protezione dei dati di posizione, di contenuti, metadati e delle ricerche effettuate dai dispositivi mobili. “Questo è veramente un aggiornamento completo per l’era digitale moderna”, ha detto il senatore Mark Leno che insieme a Joel Anderson ha scritto la nuova legge all’inizio di quest’anno per dare ai dati digitali lo stesso tipo di protezione delle comunicazioni non digitali. Il disegno di legge ha goduto di un ampio sostegno tra le associazioni come l’American Civil Liberties Union e la Electronic Frontier Foundation.
La legge ha ricevuto anche un convinto sostegno di aziende tecnologiche molto importanti per l’economia Usa come Apple, Google, Facebook, Dropbox, LinkedIn e Twitter (tutte società che hanno la propria sede legale in California). “Per troppo tempo, le leggi sulla privacy digitali della California sono rimaste nel Medioevo, lasciando le nostre email personali, i messaggi di testo, le foto e gli smartphone sempre più vulnerabili a perquisizioni senza mandato”, ha detto Leno. “Una situazione inaccettabile che termina oggi con la firma del governatore del CalECPA, il California Electronic Communications Privacy Act, una legge che con cura proteggerà le informazioni personali di tutti i californiani. Il disegno di legge prevede inoltre che le forze dell’ordine abbiano comunque tutti gli strumenti necessari per continuare a combattere il crimine nell’era digitale”.