Un migrante su 2 proveniente da Ghana, Senegal e Costa d’Avorio non sa che durante il viaggio verso l’Europa rischia di morire, di essere arrestato, torturato o rimandato indietro. Moltissimi non sanno nuotare e non conoscono il deserto. Addirittura l’80% dei ghanesi non pensa nemmeno che la morte sia un pericolo concreto. Sei migranti su dieci si muovono spinti da povertà e motivi economici. Sono alcuni dei principali dati che emergono dal primo Rapporto elaborato dall’Ong dei salesiani Vis e da Missioni Don Bosco sulle migrazioni dall’Africa sub-sahariana, realizzato intervistando centinaia di potenziali migranti in ogni Paese. Il Rapporto rientra nell’ambito della Campagna “Stop-tratta – Qui si tratta di essere/i umani” presentata il 13 ottobre a Roma (www.stoptratta.org). La Campagna è indirizzata a 5 Paesi africani (Ghana, Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio, Etiopia) dove operano realtà salesiane, per sensibilizzare i giovani – possibili futuri migranti – sui rischi dei viaggi organizzati dai trafficanti di esseri umani, costruendo inoltre alternative concrete di lavoro per i giovani. Perché la migrazione non sia un obbligo ma una scelta consapevole. La Campagna di sensibilizzazione è condotta attraverso i media locali e i social network, anche nelle lingue locali.
In Ghana meno consapevolezza sui rischi. Dall’indagine risulta che i potenziali migranti economici sono circa il 60% in Ghana, Senegal e Costa d’Avorio, ma solo il 20% dei giovani ghanesi ritiene la morte un rischio implicito nel viaggio, contro il 63% degli ivoriani e il 50% dei senegalesi. Diverse sono infatti le situazioni da Paese a Paese. In Ghana, ad esempio, solo il 51% dei potenziali migranti è consapevole che rischia di essere arrestato o deportato durante il viaggio. Il 41% dei giovani vuole partire per motivi di istruzione. In Senegal oltre il 90% dei giovani intervistati ha dichiarato di essere pronto ad andare all’estero (il 40% per trovare lavoro e mantenere i familiari), in particolare chi ha già dei membri della famiglia residenti in Europa. Il 25% del campione senegalese sa che rischia il carcere e il 10% sa del rimpatrio forzato. In Costa d’Avorio il 78% del totale dei giovani intervistati vuole emigrare. Qui aumenta la consapevolezza: oltre il 70% degli intervistati conosce i rischi del viaggio illegale.
“Salvare le vite, accogliere e integrare”: questo deve essere, secondo Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, l’atteggiamento europeo nei confronti delle migrazioni, da affrontare oggi “in maniera strutturale e non più con permessi temporanei e protezione sussidiaria”. “Di fronte alla crisi demografica in una Europa che invecchia e all’esplosione demografica in Africa – ha detto Flick, intervenendo alla presentazione del Rapporto – la migrazione costituisce un fattore di risorse contro la crisi”. A suo avviso bisogna “sfatare la distinzione tra richiedente asilo e migrante economico: molti sono migranti ambientali che non possono più coltivare la terra perché troppo sfruttata o distrutta dai cambiamenti climatici”. È necessario inoltre “superare la pretesa di risolvere i problemi solo contrastando gli accessi e non le cause: la prima risposta contro i trafficanti è l’apertura di canali regolari legali”. Secondo Flick “suscita anche perplessità il sistema delle quote come progettato oggi dall’Europa: i migranti vengono considerati oggetti, se non scarti, come dice Papa Francesco”. Il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella ha invitato a “sfidare i razzisti con un pizzico di aggressività”, ricordando loro fatti storici: quando, cioè, “gli emigranti, i peggiori scafisti e trafficanti di bambini a causa della miseria estrema eravamo proprio noi italiani”.
Creare opportunità nei Paesi africani. “La Chiesa cammina in mezzo ai popoli, nella storia degli uomini e delle donne. Sono parole del Papa che abbiamo fatto nostre – ha affermato Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco – e ci hanno spinto a camminare al fianco dei popoli dell’Africa sub-sahariana per dire basta alla tratta degli esseri umani e offrire un’alternativa alla migrazione”. “Riteniamo che l’accoglienza sia fondamentale – ha sottolineato Nico Lotta, presidente del Vis -, ma altrettanto fondamentale è favorire una scelta consapevole da parte dei potenziali migranti attraverso campagne d’informazione e progetti di sviluppo nei Paesi di origine”. Le due realtà hanno già individuato i progetti per creare opportunità: in Senegal, si punterà al rafforzamento della formazione professionale e dell’inserimento occupazionale a Dakar e Tambacounda; in Ghana saranno sviluppate le attività formative in campo agricolo e per le donne. In Costa d’Avorio, si prevede il rafforzamento del centro socio-educativo “Villaggio Don Bosco” a Koumassi, nella periferia di Abidjan e in Etiopia i primi interventi si concentreranno su borse di studio e programmi di supporto scolastico e nutrizionale per giovani a rischio. In Nigeria ci si rivolgerà soprattutto alle donne a rischio tratta di Lagos e Benin City.
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