Tempi duri per i vaccini, anche in Italia. I dati recentemente diffusi dal ministero della Salute – raccolti nell’ambito delle attività di monitoraggio delle vaccinazioni previste dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale e relativi al 2014 – registrano una preoccupante diminuzione del ricorso a questi presidi medici, anche in età pediatrica.
Qualche numero. Le coperture vaccinali nazionali contro la poliomielite, il tetano, la difterite, l’epatite B e la pertosse, che nel 2013 erano di poco superiori al 95% (valore minimo previsto dall’obiettivo del Piano), nel 2014 sono scese al di sotto di tale soglia. La copertura per Haemophilus influenzae b, che nel 2013 era pari al 94,5%, è rimasta sostanzialmente invariata mentre il ricorso alla vaccinazione per morbillo, parotite e rosolia è diminuito di quasi 4 punti percentuali rispetto al 2013 (dal 90,3% all’86,6%). Riassumendo, il tasso delle vaccinazioni considerate obbligatorie (come quelle contro la poliomielite, il tetano, la difterite, l’epatite B) è sceso al di sotto del 95%, soglia che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ritiene indispensabile per garantire la cosiddetta “immunità di gregge”, cioè la copertura contro queste malattie anche per chi non è vaccinato (per motivi legati alla salute, per esempio, o perché ha poche settimane di vita). Non a caso, già nello scorso febbraio l’Oms aveva raccomandato al nostro Paese d’intraprendere immediate strategie d’intervento per aumentare il tasso di vaccinazioni.
Una situazione allarmante. “Questa situazione – avverte Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità – che tende progressivamente a peggiorare, rischia di avere gravi conseguenze sia sul piano individuale sia collettivo, poiché scendere sotto le soglie minime significa perdere via via la protezione della popolazione nel suo complesso e aumentare contemporaneamente il rischio che bambini non vaccinati si ammalino, che si verifichino epidemie importanti, che malattie per anni cancellate dalla protezione dei vaccini non siano riconosciute e trattate in tempo”.
Mosaico variegato. Nel nostro Paese, l’offerta di prestazioni sanitarie, compresi i vaccini, appare come un mosaico estremamente variegato, con una forte eterogeneità legata ai territori. Così, la stessa vaccinazione è offerta gratuitamente a tutti i nuovi nati in alcune Regioni e solo ad alcuni soggetti a rischio in altre o, addirittura, con differenze all’interno della stessa Regione, per i diversi comportamenti delle singole Aziende sanitarie locali. Inoltre manca spesso nei cittadini, proiettati verso una cultura dell’assistenza sanitaria nei confronti della malattia, la consapevolezza dell’importanza dell’intervento vaccinale, come pure vi è uno scarso livello d’informazione degli stessi professionisti sanitari, che porta a un forte scetticismo nei confronti dell’efficacia e della sicurezza di alcune vaccinazioni e, quindi, ad una diffusa sottoutilizzazione, ad esempio durante le annuali pandemie influenzali.
Quali cause. Quali, dunque, le ragioni di questo preoccupante fenomeno? Secondo l’Istituto superiore di sanità, le motivazioni del calo delle vaccinazioni sono da ricercare su più fronti. Da un lato, c’è la scarsa consapevolezza che i genitori dimostrano riguardo a malattie che solo qualche anno fa uccidevano migliaia di persone e che sono scomparse proprio grazie ai vaccini. Dall’altro – forse con un maggiore peso sull’opinione pubblica -, la diffusione negli ultimi anni di campagne anti-vaccini, che hanno trovato su Internet un terreno fertile e hanno contribuito a generare allarmi ingiustificati e paure di effetti collaterali, non dimostrati però da nessuno studio scientifico. Col risultato che malattie contro le quali esistono i vaccini possono tornare a colpire inaspettatamente. È il caso del bambino spagnolo morto qualche mese fa di difterite oppure, come ricorda il presidente della Società Italiana di pediatria, Giovanni Corsello, della morte di bambini di poche settimane di vita causata dalla pertosse. Non va dimenticato che anche il morbillo, considerato erroneamente un’innocua malattia dell’infanzia, in realtà, nel 30% dei casi, comporta il ricovero in ospedale e in un quarto dei casi almeno una complicanza. Appare, dunque, urgente che le istituzioni responsabili s’impegnino immediatamente per aumentare il livello d’informazione dei genitori e coinvolgere di più i pediatri e i medici di famiglia, per una corretta “rivalutazione” dei vaccini come prezioso strumento di profilassi sanitaria.
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