Di Alessandro Ribeca
Ci sono parole che sono contrarie, contrarie a un ordine prestabilito, un potere precostituito, ma non per questo necessariamente portatore di verità. Le parole contrarie spesso fanno paura. Fanno paura perché propongono un cambiamento. Le parole contrarie non hanno nessuna pretesa. Anzi, una forse sì: essere ascoltate.
Erri De Luca (scrittore, accusato di aver incitato alla violenza sul caso TAV) le ha pronunciate nuovamente queste parole contrarie. Le ha pronunciate davanti al giudice. Le ha pronunciate perché, da scrittore, doveva difendere, non se stesso, ma la parola contraria. Doveva difendere le parole contrarie che non vengono pronunciate mai dall’alto, ma che si ascoltano nelle strade, negli ospedali, nei luoghi pubblici, perché le parole contrarie sono le parole della democrazia e la democrazia viene dal basso, perché è “nei pianerottoli della società che si decide cosa è costituzionale e cosa non lo è”.
La parola contraria in questo caso è “sabotare”.
Erri De Luca l’ha pronunciata davanti al giudice, poteva difendersi, ma ha deciso di pronunciare nuovamente quella parola perché doveva sapere se quella parola è una parola incriminata, una parola da otto anni di reclusione, o una parola contraria sì, ma di libertà! Doveva sapere se quella parola, pronunciata da Gandhi, da Mandela, resa verbo da tanti uomini e da tanti operai francesi con i loro sabots gettati negli ingranaggi dei telai a vapore, è una parola, in quanto contraria, criminosa. Doveva sapere, al di là della questione TAV, se le parole contrarie sono parole libere. E così lo abbiamo visto davanti al giudice a leggere un foglietto, la sua deposizione spontanea, a ripetere quelle parole: “la TAV in Val di Susa va ostacolata, impedita, intralciata, dunque sabotata per la legittima difesa della salute, del suolo, dell’aria, dell’acqua, di una comunità minacciata.”
Ad avere una parola contraria è rischioso, per pronunciarla bisogna crederci, crederci ad ogni costo. Le parole contrarie, chi le pronuncia deve poi difenderle. Ma anche chi le ascolta dovrebbe difenderle per il più alto principio di libertà. Ed oggi questa libertà è stata nuovamente affermata: le parole contrarie si possono pronunciare. Che io sia d’accordo o meno sulla questione TAV, la tua parola contraria è pronunciabile, quanto la mia.
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