Riflettendo sul Sinodo in corso, il presidente della Conferenza Episcopale Statunitense, monsignor Joseph Kurtz, arcivescovo di Louisville, ha affermato che i padri sinodali stanno sottolineando che “essendo noi il corpo di Cristo, possiamo avere un grande effetto sulle famiglie, ma anche le famiglie, a loro volta, possono avere un grande effetto sulla vita della Chiesa”. I cambiamenti, tuttavia, ha aggiunto, non arriveranno da un giorno all’altro.
In un’intervista esclusiva con ZENIT, rilasciata presso il Pontificio Collegio Nordamericano, l’arcivescovo Kurtz, ha esposto la sua visione del messaggio che le famiglie statunitensi potrebbero aver bisogno di sentire. Il presule, che è stato assistente sociale e poi parroco a Lehigh Valley, in Pennsylvania, ha anche spiegato qual è, a suo avviso, il miglior metodo per sviluppare approcci pastorali che accolgano i divorziati risposati, così come le persone con tendenze omosessuali, ma in un modo che non comprometta la dottrina della Chiesa. Sulla scia della visita di papa Francesco negli Stati Uniti del mese scorso, l’arcivescovo ha parlato anche dell’impatto che, a suo avviso, tale viaggio sta avendo sul Sinodo. Kurtz si è infine soffermato su come le discussioni sinodali possano impegnare i cattolici a vivere attivamente la propria fede e su come le famiglie possano aiutare le altre famiglie.
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Eccellenza, qual è stato, innanzitutto, secondo lei, l’effetto sul Sinodo della visita del Papa negli Stati Uniti?
Come è possibile non ripensare al momento finale dell’Incontro Mondiale delle Famiglie? La presenza del Santo Padre alla veglia di sabato 26 settembre e poi alla messa conclusiva è stata, in primo luogo, un’esperienza toccante per me, e non solo per i vescovi ma per tutti i fedeli che sono venuti. E penso che anche il Santo Padre si sia commosso. In varie occasioni, il Papa ha definito il popolo americano molto caloroso ed accogliente. Penso si sia profondamente commosso ma di sicuro lo eravamo anche noi. E penso che questo ci assicuri che il Sinodo sulla famiglia è assai focalizzato sulla missione e la vocazione delle famiglie reali, su ciò che significhi permettere al calore e all’amore di Gesù Cristo di entrare nel vita delle famiglie, e che cosa significhi per noi essere ispirati dalle famiglie e dalla loro testimonianza. Penso che possiamo usare le parole vita “eroico” e “quotidiano” nella stessa frase. È eroico, ma in un modo che è parte della vita comune di molti di noi, in cui la mia o la tua famiglia si possono identificare.
Quali ritiene siano i principali problemi che devono affrontare le famiglie negli Stati Uniti?
Avevo usato la parola “ispirato” ma intendevo dire che vi sono persone che hanno bisogno di ricevere speranza e di essere incoraggiate. La gente lotta e viviamo in una vita molto frenetica. Spesso si dice: “Oh, quanto siamo stressati”… Sono frasi che sento quando vado di parrocchia in parrocchia. E la gente, credo che meriti davvero di sentirsi dire: “Sai, non stai agendo affatto male… Tu ami la tua famiglia, ti impegni per accudire i tuoi cari. Nessuna famiglia è perfetta, e tu continua a farlo”. C’è poi quella chiamata a rendere tutto questo la nostra priorità, perché negli Stati Uniti abbiamo così tante possibilità, che talvolta siamo tentati dal non pensare: “Beh, qual è la cosa più importante?”. E ritengo che la gente in tutti gli Stati Uniti, credo che sia in cerca di incoraggiamento a dire: “Avete la mia famiglia in mente?”.
I media si concentrano spesso su questioni legate agli omosessuali e divorziati risposati, più che su alcuni fondamenti come l’andare la messa e l’avere una solida vita di preghiera in famiglia. Ritiene che il Sinodo si sta indirizzando adeguatamente verso questi temi fondamentali, ma meno controversi?
Direi che uno dei pilastri fondamentali del Sinodo sia quello di considerare la famiglia come un partecipante attivo. Userò il termine filosofico, di “soggetto”, piuttosto che di “oggetto”. Un oggetto riceve. Un soggetto dà e condivide. Questa nozione, secondo cui la famiglia ha una grande capacità di influenzare gli altri, di influenzare altre famiglie, penso che la conosciamo. Siamo in grado di guardare alla nostra vita passata e dire: “Beh, accidenti, sono rimasto molto colpito e influenzato dalla mia famiglia, da quella famiglia, dalla famiglia che abitava accanto… o da qualcuno che è stato vicino a noi, quando abbiamo avuto un lutto nella nostra famiglia che ricorderemo sempre”. Questi piccoli sforzi di avvicinare le famiglie, credo che abbiano bisogno di crescere.
Ad esempio: noi abbiamo un piccolo gruppo a Louisville e ho appena visto che su Twitter c’è un gruppo chiamato Pax Christi collaborative. E c’è una giovane donna che ora è in parrocchia e ha detto: “Ho sempre cercato una parrocchia come questa”. E c’è una grande intimità e una connessione tra la Chiesa e la famiglia, e molto è stato detto nel Sinodo su questo, in modo molto bello, per il fatto che la Chiesa, come corpo di Cristo, può avere un grande effetto sulle famiglie ma anche le famiglie possono avere un grande effetto sulla vita della Chiesa.
Cosa pensa, invece, dell’idea di una chiesa più efficace a livello locale o regionale?
Beh, penso che dipenda da caso a caso. Ovviamente, se c’è un problema sostanziale di pratica pastorale che colpisce la nostra fede e la nostra dottrina, si rischia di frammentare l’unità.
A cosa si riferisce esattamente?
Pensavo, ad esempio, alla pratica della Santa Comunione. Penso sia qualcosa che abbia una base universale. Penso ci siano altre situazioni, come quelle menzionate nel motu proprio del Santo Padre, in cui vi è maggiore potere attribuito al vescovo diocesano, con l’opportunità di giudicare quelle casistiche di annullamento che possono essere molto chiare e molto certe. Ecco, questo mi sembra possa essere un esempio di ciò che è dato a livello locale. Ci stiamo lavorando e penso possa essere fruttuoso.
Qual è la sua opinione circa gli approcci pastorali per accogliere i divorziati risposati e gli omosessuali, senza andare in contrasto con la dottrina della Chiesa?
Beh, penso, prima di tutto, che una delle cose di cui il mio piccolo gruppo ha parlato e che ho riportato nella mia relazione, è quello di trovare una best practice, ovvero una soluzione praticabile. Una sorta di vademecum da portare con sé o da cui trovare le indicazioni caso per caso. Una sorta di lista della buona parola. Un manuale che contiene le esperienze e le storie che sono spesso indicate dai confessori. Vicende e proposte su cui riflettere dicendo: “Beh, qui ci sono alcune cose utili da tenere a mente in modo che la misericordia e l’amore di Gesù, possa scorrere attraverso la vita delle persone”. Niente di aleatorio, ma indicazioni molto concrete.
Mi sembra questa una strada praticabile per iniziare a raccogliere quei modi pastoralmente utili per essere più vicini alle persone. Si tratta di conoscenze ed esperienze da parte delle vittime che ci aiutano ad assistere chi soffre per questo problema. Spesso ci dicono: “sì, ho intenzione di aiutarvi e questo è il modo in cui lo farei”, oppure “grazie, ma il problema potrebbe essere risolto in questo modo”. Quindi, in un certo senso, anche quando la Chiesa ha già delle precise indicazioni pastorali, ha bisogno di ascoltare e verificare se altri tipi di approcci possono funzionare.
Per capirci, penso che noi americani vogliono avere tutto fatto e piuttosto in fretta. Ci piacerebbe avere tutto già risolto. Penso che in qualche modo i risultati del Sinodo saranno esaurienti. Confido nel Santo Padre e sarà lui a essere quello, che attraverso la guida dello Spirito Santo determinerà le prossime tappe della Chiesa universale. In questo contesto penso che noi tutti torneremo a casa con il desiderio di avviare un processo di avanzamento pastorale che potrebbe richiedere anni di lavoro. Guardate cosa è successo con il Concilio Vaticano II: solo ora a distanza di 50 anni constatiamo gli avanzamenti che abbiamo realizzato. In ogni caso andremo avanti, rifletteremo su quanto abbiamo discusso e scopriremo quanto è servito il Sinodo. Speriamo che i nuovi passi per l’annullamento matrimoniale che sono stati annunciati siano di grande aiuto, soprattutto per coloro che hanno divorziato e si sono risposati.
Dal suo punto di vista, cosa pensa dell’interpretazione che i mezzi di comunicazione stanno dando al Sinodo?
Beh, essendo relatore al Sinodo passo lì la maggior parte del tempo e non ho avuto molto tempo per vedere cosa scrivono i giornali. Ma dalle domande che ho sentito nel corso della conferenza stampa in cui ero presente mi sembra che i giornalisti abbiamo capito. Noi vescovi ci stiamo muovendo per vedere come destinare al meglio il nostro servizio alla gente, certi che insieme possiamo dare i migliori consigli al Papa. E da come stiamo pregando, speriamo di leggere al meglio il segno dei tempi essendo fedeli agli insegnamenti della Chiesa. Spero che sia questo il messaggio che i giornalisti riescano a cogliere.
Eccellenza, c’è qualcosa di questo Sinodo, che lei vuol far conoscere in più?
Il Sinodo sta procedendo molto bene. Dura tre settimane e una delle migliori decisioni è stata quella di aver potuto discutere fin da subito in piccoli gruppi. Riuniti in stanze diverse gruppi di 25 persone provenienti da tutti i continenti. È più facile conoscersi e interagire. Sto imparando molto sulla ricchezza delle diverse culture e mi auguro che la complessità delle esperienze assicuri e confermi la validità che il Sinodo è per la Chiesa universale, non solo per la Chiesa occidentale, o per l’Europa. Il Sinodo sta tenendo conto delle realtà presenti nelle varie parti del mondo.