Quasi 7 milioni di italiani svolgono “attività gratuite a beneficio di altre persone, della comunità o dell’ambiente”. Per la precisione, “6.637.000 persone, pari al 12,9% della popolazione con almeno 14 anni d’età”. Tra costoro, 1,7 milioni sono “inquadrati” in associazioni di volontariato, 1 milione in organizzazioni religiose, mentre quasi 2 milioni e mezzo appartengono alla galassia del “volontariato non organizzato”. I dati vengono dalla ricerca “I profili del volontariato italiano. Un popolo che s’impegna per una società più coesa”, curata dalla Fondazione volontariato e partecipazione in collaborazione con il Banco Popolare.
Istruiti e con un lavoro: i dati. L’indagine traccia l’identikit del “volontario medio” all’interno delle organizzazioni di volontariato (Odv): ha 48,1 anni, è istruito e con un’occupazione stabile. Nel dettaglio, un quarto (23,9%) sono “giovani adulti” con meno di 35 anni, il 18,3% ha tra i 35 e i 44 anni, mentre il restante 57,8%, con più di 45 anni, è in quella fase di vita “quando l’attività lavorativa si è consolidata e i figli sono più grandi”. L’occupazione stabile favorisce quindi il volontariato: il 48,9% dei volontari ha un lavoro; a seguire vengono i pensionati (23,1%) e gli studenti (9,7%). Nelle diverse forme del volontariato c’è una differente ripartizione tra uomini e donne: a fronte di un 51,8% di donne sul totale della popolazione italiana “over 14”, nelle Odv gli uomini sono il 55,2% e le donne il 44,8%; le attività informali, invece, vedono impegnate un 53,7% di donne a fronte di un 46,3% di uomini. Guardando alla ripartizione territoriale, si registrano percentuali maggiori al Nord (4,2% nel Nord-Ovest, 4,1% nel Nord Est, con un picco del 7,8% tra la popolazione del Trentino Alto Adige), a fronte di un 3,2% al centro, 2,5% nelle Isole e 1,7% al Sud. Da segnalare pure la correlazione tra livello d’istruzione e volontariato: avere la laurea “quadruplica le probabilità di svolgere attività gratuita di sostegno agli altri rispetto a coloro che hanno solo la licenza elementare e le raddoppia rispetto a chi ha la licenza di scuola media inferiore”. 5,5 laureati su 100 sono volontari Odv, a fronte di 4 diplomati di media superiore su 100 e di 2,7 con licenza media su 100.
Un circolo virtuoso. Lo studio “fornisce una fotografia positiva del volontariato”, commenta Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale per il volontariato, evidenziando “come l’integrazione sociale attraverso il lavoro incentivi la partecipazione al volontariato, che a sua volta rafforza ulteriormente l’integrazione sociale di chi lo pratica, creando un circolo virtuoso”. Un dato “ancora più evidente” fra i presidenti delle Odv, “i quali provengono per la quasi totalità dal mondo del lavoro”. “I volontari – osserva l’indagine – condividono fra loro valori e cultura, atteggiamenti e comportamenti che influiscono anche sulla ‘partecipazionè come cittadini”, mostrandosi meritevoli di “affidabilità sociale”. “Le persone che fanno volontariato – puntualizza Paola Tronu, ricercatrice della Fondazione volontariato e partecipazione – sono mosse da principi che le spingono ad agire gratuitamente, nonché da un motivo solidaristico”. E se, da una parte, meritano “affidabilità sociale”, dall’altra “hanno più fiducia negli altri e nelle istituzioni”. Circa il divario tra Nord e Sud, la ricercatrice ne individua le cause nelle diverse “condizioni di benessere complessivo” (“Fare volontariato – dice – è un sovrappiù rispetto all’impegno quotidiano, possibile se si può disporre di tempo e a volte pure di denaro”) e nella “tradizione più marcata al Nord”. “Questi dati – annota – sono riferiti alle Odv, marcando alcune caratteristiche specifiche, come il livello d’istruzione più alto che in altre realtà o una frequenza religiosa superiore alla media della popolazione ma inferiore ad altre forme di volontariato. Ma l’identikit di fondo – conclude – è paradigmatico di tutto il volontariato italiano”.
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