DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza sulle letture di domenica 24 ottobre.
Si potrebbe quasi immaginare questo Dio che il profeta Geremia ci descrive! Un Dio fiero, alla testa del suo popolo, un Dio che “ha salvato il suo popolo”, che lo raduna, che riporta coloro che erano stati costretti all’esilio “a fiumi ricchi d’acqua per una strada diritta in cui non inciamperanno”. Un Dio fiero, un Dio che incita a gridare, a gioire, ad esultare!
Ma…da chi è composto questo “resto d’Israele” che il Signore, con tanta fierezza, riaccompagna a casa?
Lo stesso profeta Geremia ci parla di ciechi, di zoppi, di donne incinte e perfino partorienti: categorie deboli, gli ultimi, coloro che non potevano aspirare ad alcun diritto, ad alcuna pretesa, ad alcuna garanzia.
Nel salmo cantiamo “il Signore ristabilì la sorte di Sion”. Una Sion in esilio, lontano da casa, senza patria, senza tempio, che ha perso tutti i connotati di popolo e di popolo di Jahvè.
Nella Lettera agli Ebrei c’è un Dio che si muove a giusta compassione per “quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, rivestiti di debolezza”.
Nel Vangelo è Bartimeo, cieco e mendicante che, seduto sul ciglio della strada, grida per richiamare l’attenzione di Gesù che passa. Un uomo che urla la sua richiesta di aiuto al Signore il quale lo “riconosce” tra la gente, lo ascolta e lo guarisce. “E subito […] prese a seguirlo per la strada”.
Ciechi, zoppi, donne incinte e partorienti, ignoranti, deboli: certamente non è, ai nostri occhi, un seguito degno di un re, tantomeno di un Dio.
Ma dice il Signore: “Io sono un Padre per Israele, Efraim è il mio primogenito”. E’ sempre sulla povertà di un figlio che si posa lo sguardo di un padre, è sempre sulla povertà dell’uomo che si posa lo sguardo di Dio: Dio che guarisce ma, che prima ancora, ridà voce all’uomo, ridà dignità a coloro che sono gli ultimi, che sono ai bordi della strada, a coloro costretti a gridare per superare il muro di folla che li relega ai margini dell’esistenza. Coloro che “partiti nel pianto” ora, custoditi dal Signore, ritornano “tra le consolazioni”. Solo la consapevolezza di questo Padre può far aprire “la nostra bocca […] al sorriso”, può sciogliere la nostra lingua “in canti di gioia”, certi che “il Salvatore nostro Gesù Cristo ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo”.