“Non è una semplice somma”. Prendiamo a prestito le parole di monsignor Marcello Semeraro, segretario del Consiglio di cardinali, il cosiddetto C9, per riflettere sull’annuncio che Papa Francesco ha fatto ieri (22 ottobre), all’inizio della Congregazione generale pomeridiana del Sinodo: l’istituzione di un nuovo Dicastero con competenza sui laici, sulla famiglia e sulla vita, che sostituirà i due attuali Pontifici Consigli per i laici e la famiglia. Al dicastero sarà connessa la Pontificia Accademia per la vita. A tale riguardo il Papa ha costituito “un’apposita Commissione che – ha detto ieri – provvederà a redigere un testo che delinei canonicamente le competenze del nuovo Dicastero, e che sarà sottoposto alla discussione del Consiglio di cardinali, che si terrà nel prossimo mese di dicembre”.
Il processo di riforma della Curia romana, quindi, procede… E va avanti non per addizione del preesistente. Tutt’altro! Sta aprendo, infatti, un diverso modo di pensare e – di conseguenza – di agire. “Per fare una semplice ‘somma’ – spiegava mons. Semeraro lo scorso 11 febbraio (clicca qui) – non ci sarebbe di per sé bisogno di una riforma. Si tratta, piuttosto, di un ‘ri-pensamento’ in vista di uno snellimento e di una semplificazione della Curia, progettato pure nella fiducia che alcuni accorpamenti di Pontifici Consigli diano a essi una maggiore rilevanza, anche esterna, e dunque una maggiore incidenza. La riforma della Curia, tuttavia, potrebbe prevedere anche la creazione di nuovi Dicasteri, se le circostanze lo richiedono. La prima istanza è l’efficace corrispondenza alla missione salvifica della Chiesa”. Ecco, allora che si capisce anche il trinomio laici-famiglia-vita, con tutta la sua valenza anche antropologica. Le tre competenze del nuovo Dicastero sono intimamente connesse: non si può parlare di laici senza parlare di famiglia e vita; la famiglia è fatta da laici ed apre alla vita; la vita (in tutti i suoi stadi) coinvolge la famiglia e, pertanto, i laici. Il rimando è continuo e naturale.
Qualcuno chiederà: ma era proprio necessario questo ripensamento?
Una risposta a questo interrogativo l’ha data proprio Francesco nell’omelia del 24 aprile 2013 nella cappella di Santa Marta. Il Papa disse: “E quando la Chiesa vuol vantarsi della sua quantità e fa delle organizzazioni, e fa uffici e diventa un po’ burocratica, la Chiesa perde la sua principale sostanza e corre il pericolo di trasformarsi in una Ong. E la Chiesa non è una Ong. È una storia d’amore… Tutto è necessario, gli uffici sono necessari… Ma sono necessari fino a un certo punto: come aiuto a questa storia d’amore. Ma quando l’organizzazione prende il primo posto, l’amore viene giù e la Chiesa, poveretta, diventa una Ong. E questa non è la strada”. Un principio, questo, che vale per tutti. D’altronde, l’auspicio del segretario del C9 è che tutte queste riflessioni ricadano poi sulle Chiese locali. “Non è difficile notare – affermava sempre l’11 febbraio – che in molti casi, sia a livello nazionale, sia a livello diocesano (e talvolta perfino parrocchiale) quanto all’organizzazione si tenda a imitare la Curia romana! Avere presente il principio che l’organizzazione deve sempre essere – come dice il Papa – di aiuto alla storia d’amore che ogni Chiesa deve raccontare agli uomini del proprio tempo sarebbe ottimo correttivo e antidoto per alcune tentazioni, che sempre sono in agguato”.
Con un’accortezza: non si tratta di fare somme, ma di ripensare il proprio modo di essere Chiesa.
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