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Un cimitero “memoriale” per i migranti senza volto e nome

Maurizio Calipari

Almeno avranno un luogo per riposare in pace. Un cimitero “dedicato” accoglierà i resti di tanti migranti “senza volto e senza nome”, morti nel mar Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa e dei quali non si è riusciti a stabilire l’identità e che nessuno reclama. L’iniziativa sta prendendo corpo in Calabria, nella piccola cittadina di Tarsia (Cs), tra i più antichi borghi della valle del Crati. Una comunità civica che ha imparato dalla sua storia recente a rafforzare e presidiare i valori della pace, della solidarietà e della fraternità. In questo territorio, infatti, durante gli anni del fascismo, fu allestito il lager di Ferramonti, il principale (in termini di consistenza numerica) campo di concentramento aperto dal regime fascista (tra il giugno e il settembre 1940), in cui furono internati oltre 3mila ebrei. Molti di loro, sono stati sepolti proprio nel cimitero comunale di Tarsia, dove sorge anche un museo dedicato alle torture inferte dal regime di Mussolini.

Un “memoriale”. L’ufficio tecnico del Comune ha già redatto il progetto preliminare del cimitero “memoriale”, successivamente approvato dalla giunta comunale e inviato agli uffici della presidenza della regione Calabria, a Catanzaro. Lo stesso progetto preliminare è stato spedito anche al Commissario straordinario per le persone scomparse, il prefetto Vittorio Piscitelli, che sta seguendo per conto del Governo la realizzazione dell’opera, giudicata dal rappresentante del Governo “assolutamente indispensabile e urgente, per poter dare una degna sepoltura a tutte le vittime delle tragedie del mare”. Vittime che, secondo i dati ufficiali, solo nel 2015 nel Mediterraneo, sono state oltre 3.100.

Da dove nasce quest’idea?
L’input iniziale è stato dato da Franco Corbelli, leader del movimento “Diritti civili” che, già da tempo, si sta battendo per la realizzazione di un cimitero per i migranti. “Tutto è iniziato due anni fa – ha spiegato Corbelli a ‘Il Fatto Quotidiano’ – dopo la tragedia di Lampedusa nell’ottobre 2013, da quelle immagini strazianti, dalla sofferenza di fronte a quelle piccole bare di bambini. Dal giorno dopo iniziai a lanciare il primo appello, a chiedere alle istituzioni di porre fine a quella disumanità e di realizzare un cimitero dei migranti. Un atto che non è solo di umanità ma anche di civiltà, solidarietà e di rispetto dei diritti di queste persone, almeno dopo morte”. Un appello, quello di Corbelli, che ha trovato convinto ascolto da parte del sindaco di Tarsia, Roberto Ameruso, e della sua giunta. “La proposta ci ha inorgoglito e, al tempo stesso, investito di responsabilità”, ha dichiarato il sindaco Ameruso. “Per questo – ha proseguito – l’abbiamo subito sposata, consapevoli dell’importanza di poter ospitare nel nostro territorio, ferito dalle brutture della storia, un’iniziativa di così alto valore umanitario. Accoglienza e solidarietà fanno un po’ parte del nostro Dna culturale, dell’educazione che tanti di noi fin da bambini hanno potuto assimilare, visitando nel cimitero comunale le tombe degli ebrei internati, poste accanto a quelle dei propri cari”.

Una storia che si ripete.
Come gli ebrei ieri, oggi sono i migranti morti nel Mediterraneo a trovare accoglienza in questi luoghi. Anche per conservare questo simbolismo, il nuovo cimitero sorgerà su una collinetta che domina il lago di Tarsia (che ricorda appunto il mare) e il vecchio cimitero comunale, a poca distanza dal terreno dove era situato il lager di Ferramonti. L’area su cui sorgerà il cimitero ha un’estensione di circa 10mila metri quadrati, sufficiente ad accogliere fino ad un migliaio di salme di migranti. Il nuovo cimitero, inoltre, permetterà la messa in atto di varie tecniche di sepoltura, in base alle diverse religioni dei defunti da ospitare. I costi del progetto, che prevede non solo lo spazio per chi è morto in mare, ma anche l’estensione del vecchio cimitero comunale ormai saturo, sono stati stimati in 4 milioni e 300mila euro. C’è solo da augurarsi che i tempi della burocrazia non rallentino troppo la realizzazione di questa meritoria iniziativa.

Un’ultima nota simbolica. Una gigantografia del piccolo Aylan Kurdi – il bambino siriano di 3 anni che il Mediterraneo ha restituito alle coste turche da dove, con la famiglia, era partito per raggiungere l’Europa a bordo di un barcone – campeggerà all’ingresso del nuovo cimitero. Sarà il suo sorriso, ancora pieno di speranza, ad accogliere i visitatori.

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