MigrantiAndrea Casavecchia

Sono decenni che l’Italia è diventata una meta per i cittadini di altri Paesi, per alcuni un luogo dove rimanere per un periodo circoscritto, per altri un posto dove stabilirsi, per altri ancora una terra di salvezza. Continuare a scoprirsi sorpresi può diventare una scusa per non affrontare la questione in modo adeguato. Meglio prendere atto che la migrazione non è un’emergenza.
Se è vero che cresce la quota di persone, proveniente da Paesi in guerra e che cerca di approdare nel continente europeo passando dal nostro Paese; è altrettanto vero che c’è un flusso migratorio strutturale motivato da ragioni economiche e lavorative e da ricongiungimenti familiari.
Le iniziative politiche non possono limitarsi alla prima accoglienza, ma devono ragionare su un percorso più ampio che preveda processi d’inclusione e integrazione anche per valorizzare la ricchezza delle persone presenti nella comunità. Oggi la presenza d’immigrati si diversifica in tre strati: i cittadini con tutti i diritti che sono completamente integrati nel tessuto sociale e politico delle comunità in cui vivono; i mezzi cittadini (i “denizen” li chiamano i ricercatori) che sono in possesso di un permesso di soggiorno e lavorano regolarmente in Italia, ma non godono di tutti i diritti né accedono a tutti i servizi; i non cittadini quelli che sono presenti, ma a noi invisibili.
Un recente Rapporto Istat mostra l’evoluzione del fenomeno migratorio: descrive la consistenza della presenza di cittadini stranieri nel Paese; diversifica le ragioni del loro ingresso; evidenzia quanti di essi chiedono e ottengono la cittadinanza italiana. Attraverso la lettura dei numeri si delinea un vero e proprio percorso d’inserimento nel nostro Paese: nell’ultimo anno preso in considerazione, il numero cittadini regolarmente soggiornanti è aumentato di quasi 55mila persone. In Italia sono arrivate circa 250mila persone, in calo del 3% rispetto all’anno precedente. L’Istat indica le tre ragioni prevalenti d’ingresso: la prima è il lavoro anche se nell’ultimo anno ha registrato una flessione passando dal 33% al 23% dei permessi concessi; la seconda ragione è il ricongiungimento familiare che conta oggi il 40% del totale degli ingressi; le ragioni umanitarie e l’asilo politico che in un anno arrivano al 19,3% (l’anno precedente erano solo il 7,5%).
Un altro dato importante indica la crescita del numero di persone che acquisiscono la cittadinanza italiana: l’Istat avverte che negli ultimi quattro anni la quota è passata da meno di 50mila a oltre 120mila. Si mostra un passaggio importante perché indica l’inserimento formale nella comunità politica del Paese di residenza. Se non è il completamento di un percorso d’integrazione, è sicuramente uno dei passaggi essenziale. Un elemento caratteristico è la segnalazione del numero dei giovani che, nato nel nostro Paese e raggiunta la maggiore età, sceglie la cittadinanza italiana: circa 48mila persone.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *