Entrato nel vivo ieri, 11 novembre, terza giornata del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, la riflessione nei gruppi di lavoro. Cinque macrogruppi, uno per ciascuna delle cinque “vie” indicate nella Traccia (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare), divisi ognuno in quattro sottogruppi coordinati da un moderatore, che prevedono al loro interno dieci “tavoli” ai quali si stanno già confrontando non più di dieci delegati. Un metodo “sinodale”, nuova formula adottata all’appuntamento fiorentino per consentire un autentico dialogo offrendo a tutti la possibilità di intervenire. A fornire le coordinate all’interno delle quali si svolgono i lavori sono state questa mattina, dopo l’anteprima di ieri sera con il dibattito “Come la penso io sulle cinque vie”, le due relazioni del sociologo Mauro Magatti (Università Cattolica di Milano) e del teologo Giuseppe Lorizio (Pontificia Università Lateranense).
Chiesa povera e di popolo. Per Mauro Magatti, alla luce delle sollecitazioni di Papa Francesco nell’“Evangelii Gaudium” e nella “Laudato si’”, occorre “un nuovo umanesimo della concretezza” e la Chiesa deve essere in prima linea, nella consapevolezza che “tutto è connesso” e che occorre “rimanere attaccati alla realtà particolare senza perdere la prospettiva dell’universale”.
In Italia non si parte da zero: espressioni di concretezza come “il volontariato, le cento città, l’artigianato, l’arte, la cura e la carità, le tante forme di sussidiarietà ed economia civile, la famiglia” possono aiutare il Paese ad “uscire dalla sua crisi di identità” e costituire un antidoto “contro gli esiti del trans-umano e del disumano” e contro la cultura dello scarto. Il metodo indicato dal sociologo alla comunità ecclesiale è “quello dell’ex-odos (un esodo, un uscire) e del syn-odos (un sinodo, un camminare insieme)”. La Chiesa deve essere “ardente, coraggiosa, povera”, “di popolo, in cammino e vicina al popolo”. Se, come “rete sinodale”, radicata “in tutto il Paese, ci facessimo convertire” dai due “movimenti dell’uscire” e “del trasfigurare, l’annuncio tornerebbe a essere ascoltato, la fede a radicarsi nella carne del Paese, l’intera società italiana a mettersi in cammino”. “L’umanesimo della concretezza – ha concluso Magatti – suggerisce di cercare le soluzioni nella tessitura di nuove alleanze” rimettendo insieme “l’educazione con il lavoro, la famiglia con l’ospitalità, l’efficienza con il senso”.
Di “nuova alleanza” da costituire attraverso “alleanze” da “riconciliare e custodire”, ha parlato Giuseppe Lorizio. Anzitutto tra uomo e natura, leit-motiv dell’enciclica “Laudato si’, che chiama alla cura del creato e, al tempo stesso, a “ritrovare le radici umanistiche del progresso tecnico e tecnologico”, ma anche tra uomo e donna, tra generazioni, fra popoli, tra religioni, quest’ultima anche come antidoto ai fondamentalismi. Per Lorizio è, inoltre, urgente ricostituire l’alleanza cittadino-istituzioni, spesso infranta a causa di “sospetti e diffidenze”, una perdita di fiducia che talvolta investe “anche l’istituzione ecclesiale” e chiede “la conversione di quelle ‘strutture di peccato’”. Quanto alla “alleanza Cristo-Chiesa”, la più importante, è “drammatico” il dover riconoscere “le infedeltà” dei membri di quest’ultima, autentiche “contro-testimonianze”.
Dal teologo il monito a non “abbandonare il sogno di una Chiesa libera e povera” e l’invito a educarsi al metodo della sinodalità che non si improvvisa ma “si impara facendo insieme”.
Cinque clip. Ad imprimere l’input concreto ai lavori dei gruppi è stato il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, intervenuto a sorpresa dopo le due relazioni, illustrando cinque “clip” di Tv2000 per “lasciare fuori i cahiers de doléances”. “Le cinque vie di Firenze – ha spiegato – sono presentate in maniera provocatoria: si dice cosa non bisogna fare per uscire veramente, per annunciare in maniera efficace, per abitare, per educare, per trasfigurare.
Tutto il negativo sta già lì: nei gruppi bisogna andare oltre, indicare percorsi, strade, obiettivi concreti, veri, belli”.
Le cinque “clip” presentano immagini che partono da vissuti concreti della gente, raggruppandole in due categorie sottolineate dalla voce narrante e accompagnate dalla dicitura “Voce del verbo” che può trasformarsi in positivo, con un significativo scambio di maiuscole, in “voce del Verbo”.
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