Sono rimasto dunque molto colpito dalla scelta del Consiglio di Interclasse della scuola elementare Matteotti di Firenze che ha deciso di annullare la visita degli alunni alla mostra “Bellezza divina”, allestita a Palazzo Strozzi e dedicata alla raffigurazione del sacro nell’arte moderna e contemporanea, nella quale è possibile ammirare opere di Picasso, Van Gogh, Fontana, Munch e Chagall. Dal verbale di interclasse risulterebbe che la visita sarebbe stata sospesa al fine di “venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche verso il tema religioso della mostra”.
La notizia è stata ampiamente commentata sui social come twitter e facebook. Gli utenti hanno nella stragrande maggioranza dei casi biasimato la scelta operata dall’istituto. Molti hanno giustamente notato come l’arte italiana ed europea sia in gran parte dedicata a temi religiosi: basta pensare a capolavori come gli affreschi di Giotto, alle tele di Caravaggio o alle sculture di Bernini, solo per citarne alcuni. Non è possibile parlare di arte glissando l’argomento religioso. Questo è un dato di fatto, a prescindere dalle proprie convinzioni religiose.
Non pochi utenti hanno espresso il loro disagio verso coloro che vengono nel nostro paese senza accettarne la cultura. Ma, se si fa attenzione, questo tipo di commento è fuori luogo. Infatti nella notizia lanciata dal Quotidiano Nazionale, non si fa alcun riferimento a lamentele da parte di genitori di alunni stranieri o comunque non cattolici. La decisione è stata presa da una parte del corpo docente della scuola.
È dunque legittimo pensare che in questo caso, in maniera analoga a quanto già tante volte avvenuto in episodi simili, una parte della componente docente, con la scusa del rispetto verso le altre culture, si è fatta promotrice di una moderna forma di oscurantismo che vuole negare le radici della nostra civiltà e della nostra cultura.
Il ricordo è subito andato ad un episodio che ho vissuto in prima persona qualche anno fa. Stavo presentando alla classe un’uscita didattica che avremmo fatto a Santa Maria Maggiore. In quella classe c’era un alunno musulmano. Una collega, presente in classe, si sentì in obbligo di dire al ragazzino che la visita era a carattere culturale, che non si sarebbero fatte delle preghiere ecc. L’alunno, sorpreso per quelle parole, disse alla maestra che per lui non c’era nessun problema e che anzi, poche settimane prima era stato col padre a Padova e aveva visitato molte chiese!
Sorgono spontanee delle domande: che rapporto abbiamo col nostro passato? La nostra società riconosce il cattolicesimo come parte integrante del proprio patrimonio o lo espunge in modo ideologico dal proprio contesto culturale? La scuola riesce a fare un’opera di sintesi fra le espressioni della cultura cristiana e le altre espressioni culturali presenti nel nostro Paese?
Quanto accaduto a Firenze potrebbe avviare una riflessione su questi temi e quello che è stato un episodio infelice per la scuola italiana potrebbe essere il punto di partenza per un rinnovato interesse verso un patrimonio che troppo spesso abbiamo ignorato o sottovalutato.