Il Convegno di Firenze non è “un evento isolato, ma il punto di arrivo di un percorso condiviso e approfondito”. Ma è anche “un nuovo punto di partenza per il cammino delle nostre comunità e dei singoli credenti”. Dalla Fortezza da Basso, il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha tracciato le “prospettive” della Chiesa italiana partendo dal Concilio e mirando al Giubileo. Parola d’ordine: “sinodalità”, “quello fatto insieme è un cammino sinodale”. Per capire bene il metodo sinodale, Bagnasco ha citato il discorso pronunciato dal Papa durante la commemorazione del 50° anniversario del Sinodo, in cui aveva illustrato i diversi livelli della sinodalità: “Quello diocesano, con i Consigli presbiteriali e pastorali; quello regionale e quello nazionale, che spetta alle rispettive Conferenze episcopali”. “Una centralizzazione della Cei sarebbe contro lo stile sinodale”, spiegherà dopo in conferenza stampa. La voglia è quella di “mettersi in gioco”, partendo dalle “coordinate fondamentali” offerte da Papa Francesco a Santa Maria del Fiore: “Ci ha chiesto autenticità e gratuità, spirito di servizio, attenzione ai poveri, capacità di dialogo e di accoglienza”. In una parola, “ci ha esortati a prendere il largo con coraggio e a innovare con creatività, nella compagnia di tutti coloro che sono animati da buona volontà”. Primo passo: “Meditare con attenzione”, come “premessa per riprendere” l’Evangelii Gaudium “nelle nostre comunità e nei gruppi di fedeli”.
Le povertà ai bordi della strada. Sei milioni di poveri, 1.500 organismi caritativi sul territorio, 500mila “solitudini” a cui le Caritas diocesane cercano di rispondere in modo differenziato. Bagnasco cita i numeri a braccio, per testimoniare le “tante povertà, ai bordi della strada”, di cui la Chiesa, che è in Italia, quotidianamente si fa carico. Perché la persona, contrariamente alla “vulgata” corrente, non si misura sulla sua “efficienza” o in base al denaro che possiede.
È la “gratuità”, dice ancora il cardinale, il “tratto tipicamente nostro e qui parlo dell’Italia”. E l’umanesimo cristiano è “umanesimo della concretezza”: il volto di Gesù misericordioso è “l’antidoto più efficace” al rischio “dell’autosufficienza o alla tentazione di ridurre Dio ad astratta ideologia”.
A braccio, il cardinale cita Cornelio Fabro per mostrare il nuovo volto dell’ateismo: “Se Dio esiste, non c’entra”. “Questa è la cosa peggiore”, commenta: “Possiamo e dobbiamo credere, ma innanzitutto dobbiamo chiederci: c’entra Dio nella mia vita?”.
Più “fermento” dei laici in politica. “Non partiamo da zero”, in nessuna delle “cinque vie” di Firenze. “L’impegno del cattolico nella sfera pubblica deve testimoniare coerenza e trasparenza”, dice Bagnasco, che ritorna sull’argomento anche nella conferenza stampa di chiusura:
“I laici non devono voler essere clericalizzati, ma abbracciare con fiducia, senza paura, con intelligenza e con coraggio l’animazione temporale, che non compete direttamente a noi pastori”.
Tra le priorità, “accompagnare le famiglie” e “porre nuova attenzione per la scuola e l’università”. Bagnasco ha rivelato di essere “rimasto colpito soprattutto dalle attese emerse dai giovani, dalla loro richiesta di riconoscimento, di spazi e di valorizzazione: sono condizioni perché la fiducia che diciamo di avere in loro non rimanga a livello di parole, troppe volte contraddette dalla nostra povera testimonianza”. Infine, il triplice abbraccio del presidente della Cei: dai pastori ai delegati, dai delegati “ai vostri vescovi e sacerdoti”, e da “popolo e pastori” a Papa Francesco: “Le vogliamo bene!”.
“Per la Chiesa il maggior pericolo è la tiepidezza spirituale”.Rispondendo ai giornalisti nella conferenza stampa di chiusura, Bagnasco non si sottrae alle più scottanti questioni di attualità, come gli attacchi interni ed esterni alla Chiesa e lo scandalo che ha travolto l’ex abate di Montecassino: “Dolorosissima situazione”, dice il cardinale, “le ombre sono gravi e anche gravissime”, ma non devono arrivare ad “oscurare la grande luce che continua ad esserci”, quella di tante religiose e religiosi che “vivono con fedeltà alla propria vocazione, con dedizione alla propria gente e ai propri doveri”. Sull’8×1000, bisogna “informarsi correttamente e pensare con la propria testa”. Quanto alle “incrostazioni mafiose”, come quelle in alcune processioni sul territorio, Bagnasco risponde: “Devo sentire tutti i miei confratelli”. E invita a riscoprire “Educare alla legalità”, un “piccolo ma molto puntuale” documento della Cei di qualche decennio fa.