Per 15 lunghissimi minuti le campane della cattedrale Notre-Dame hanno suonato a morto a Parigi. Ma non è ancora finita. Continua la caccia all’uomo per catturare i terroristi ancora in fuga, mentre la polizia diffonde via twitter il ritratto di un uomo ricercato dal nome di Abdeslam Salah. La tensione è ancora altissima. Gli allarmi sono continui. Si susseguono scene di panico. La Francia è ancora alle prese con l’identificazione dei corpi. Un lavoro “inedito” – spiega il ministro della Giustizia Christiane Taubira – che richiederà ancora tempo, per il numero eccezionale delle vittime e per la rigorosità che richiede il lavoro. Tra le vittime c’è anche la nostra connazionale Valeria Soresin.
Ma domenica è stata anche la giornata del lutto nazionale e della preghiera. Ci vorrà tempo o forse il tempo non ci sarà mai per elaborare uno choc così grande. Nonostante il divieto di manifestazione, in migliaia hanno sfilato lungo i luoghi del terrore, portando fiori, messaggi e lumini accesi. In tutte le parrocchie e diocesi del Paese si è pregato per le vittime e le campane hanno suonato a morto.
Anche musulmani ed ebrei si sono raccolti in preghiera. Alle 20 alla Grande Sinagoga de la Victoire si è svolta una cerimonia di raccoglimento e preghiera con il Gran Rabbino di Francia Haïm Korsia e il Gran Rabbino di Parigi Michel Gugenheim.
È il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, a presiedere una Messa nella cattedrale di Parigi. Le misure di sicurezza sono pesantissime in linea con lo stato di emergenza decretato a Parigi e nell’intero Paese. L’entrata in cattedrale è avvenuta da un accesso laterale e i fedeli erano stati invitati a non portare borse per favorire i controlli ai metal detector. Non tutti però sono potuti entrare e una folla di gente è rimasta fuori sul sagrato, rigorosamente al di là delle transenne. Alla cerimonia hanno partecipato i presidenti del Senato e dell’Assemblea nazionale, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo, l’ex presidente della Repubblica Valéry Giscard d’Estaing, rappresentanti delle diverse religioni.
“Sono passate 48 ore. Parigi ha vissuto uno dei periodi più critici della sua storia, uno degli episodi più drammatici”.
Esordisce all’inizio il cardinale dando il benvenuto ai fedeli e alle autorità politiche e religiose presenti. Nell’omelia, l’arcivescovo dà voce ad interrogativi che in queste ore di paura e terrore serpeggiano nel Paese. “Come è possibile che giovani formati nelle nostre scuole e nelle nostre città possono conoscere un disagio tale che possa condurre ad aderire al fantasma del Califfato e la sua violenza morale e sociale possa rappresentare un ideale per cui dare la vita?”. E ancora:
“In che cosa il nostro stile di vita ha potuto provocare un’aggressione così barbara?”.
Finito il panico, finita l’emergenza, non solo la Francia ma l’Europa intera dovranno dare una risposta a questi interrogativi perché se il Califfato riesce a colpire le nostre città è perché ha fatto presa sui cuori e le menti dei nostri figli. Ai credenti cattolici l’arcivescovo lancia la sfida ad “essere con le nostre parole e con le nostre azioni messaggeri di speranza nel cuore della sofferenza umana”. Il Giubileo della misericordia, che si aprirà anche qui in questa terra segnata dal sangue innocente, sarà un’occasione per guardarsi dentro e capire come cambiare rotta.