La bella notizia è che i consumi degli anziani over 65 negli anni della crisi dal 2009 al 2014 sono aumentati del 4,7% in termini reali. La brutta notizia, questa volta per i giovani, è che nello stesso periodo il potere d’acquisto dei 18-34enni single è calato bruscamente del -12,4%, e al momento non sembra riprendersi. Facile comprendere il motivo di questo andamento divaricante: gli over-65 anni sono pressoché tutti già in pensione, molti di loro anche da dieci e più anni, e godono di entrate sicure. Mentre i giovani 18-34enni, chiamati oggi “millennials” perché sono la prima generazione adulta che si cimenta col nuovo millennio, si ritrovano single quasi per forza perché senza un lavoro stabile, e devono vedersela con una crisi molto lunga e profonda, da cui sembra che a fatica l’Occidente inizi solo ora a uscire. Ovviamente, guerra all’Isis permettendo. Il Censis ha condotto, insieme a Future Concept Lab, uno studio sui consumi degli anziani da cui emerge una potenza di fuoco economica considerevole: soltanto per la sanità, la “terza età” che in Italia è oggi formata da 13,2 milioni di persone, è in grado di mettere sul tavolo ogni anno 13 miliardi di euro. Significa mille euro a testa ogni 12 mesi per visite e cure private, per medicine e trattamenti d’avanguardia.

I nonni “business angels”. Otto anziani su 10 dichiarano che il proprio reddito, specie quelli che vivono soli o in coppia, è sufficiente per coprire le spese e il 18% di loro addirittura hanno aumentato le loro spese generali. Sono del resto ottimisti per il futuro prossimo: ben l’89% pensa che nei prossimi 12 mesi i propri redditi, risparmi e consumi siano destinati ad aumentare (9%) o comunque rimanere stabili (80%). Eccoli quindi intenzionati a fare acquisti i più diversi: elettrodomestici, computer, smartphone, tablet, mobili per la casa. Un milione di loro intende ristrutturare la propria abitazione e 500mila vogliono comprare un appartamento. Molti nonni pensionati – come noto – aiutano figli e nipoti, comportandosi di fatto da “business angels”. Siccome poi gli anziani sono per il 60-70% del totale proprietari di case in Italia, con l’abolizione della Tasi da parte del governo il prossimo anno acquisiranno ulteriore potere d’acquisto grazie alle tasse risparmiate e così potranno spendere ancora di più. Bisognerebbe poi aggiungere un altro fattore: oltre il 70-80% del risparmio gestito (azioni, obbligazioni, fondi, gestioni patrimoniali, etf, polizze finanziarie ecc.) è in mano a quanti hanno dai 40 anni in su; mentre i “millennials” in genere dispongono di risparmi – quando li hanno saputi o potuti accantonare – molto contenuti. Ed ecco che con la ripresa che sta prendendo corpo e la ripartenza delle Borse, gli anziani ricchi detentori di patrimoni consistenti diverranno ancora più ricchi. Mentre i giovani dovranno faticare per inseguire la stessa ripresa, sperando di essere assunti da qualche parte e iniziare a guadagnare uno stipendio più o meno stabile.

Le fosche previsioni di Moody’s e di Morgan Stanley.  Davanti a questo panorama di anziani benestanti e giovani “in bolletta”, per i “millennials” la questione si fa molto seria. La società di rating americana Moody’s stima che nei prossimi 15 anni la popolazione mondiale in età lavorativa sarà la metà rispetto a quella dei 15 anni passati. E’ vero che molti lavoratori di mezza età (i 50enni di oggi) nel frattempo saranno andati in pensione. Ma, secondo questa previsione, i posti liberati potrebbero non essere più riempiti da giovani e verrebbero di fatto soppressi, lasciando le generazioni dei giovanissimi col becco asciutto: magari tutti super-laureati, ma senza concrete possibilità di lavoro. Rincara poi la dose la banca d’affari americana Morgan Stanley, che in un report recente afferma che nell’arco di 10-20 anni il 50% dei lavori attuali potrebbe essere a rischio perché sostituiti da computer e robot vari (il “computer-aided manufacturing”, la produzione assistita dai computer) che renderanno quasi superflua la presenza e l’azione dell’uomo se non per il controllo.

I millennials dovranno diventare “resilienti”. Cosa dovrebbe fare un giovane oggi per non soccombere di fronte a queste tristi prospettive occupazionali? La risposta che viene dal mondo della sociologia (lo stesso Censis un paio di mesi fa si cimentò sul tema) è che

i “millennials” sono chiamati ad essere sempre più “resilienti”, cioè si debbono adattare a questo trend secolare. Dovranno essere intraprendenti, creativi, stakanovisti, innovatori in tecnologie e servizi. Dovranno anche scegliere lo stile di vita consono a questa società del futuro sempre più priva del “posto di lavoro sicuro”.

Si imporrà la “digital life” (vita digitale) con la condivisione di lavori ed esperienze (“sharing economy”); il “policentrismo dei valori” rispetto ai grandi sistemi di pensiero ed etici del passato; la necessità di cambiare spesso occupazione senza sensi di inferiorità o peggio di colpa rispetto a quanti avranno ancora la fortuna del posto fisso. I giovani di oggi, in una parola, dovranno combattere una battaglia quotidiana per sopravvivere in una società di relativa maggiore incertezza economica, ma comunque sempre più aperta alla globalizzazione delle esperienze e delle culture. Ci potrebbe sembrare una sfida colossale, ma forse è meno aspra di quanto oggi possiamo pensare.