La responsabilità in materia di discriminazione razziale dei funzionari pubblici della Santa Sede e dei membri della Chiesa cattolica in tutto il mondo; presunti casi di discriminazione razziale da parte della Chiesa cattolica in India, Regno Unito e Germania; la regolare attività di formazione sui diritti umani per clero, congregazioni, ordini religiosi e funzionari pubblici; le responsabilità della Santa Sede sulle espropriazioni delle terre degli Apache negli Stati Uniti. Sono alcuni dei temi su cui la Santa Sede sta rispondendo oggi e domani nelle due sessioni in corso a Ginevra davanti alla Commissione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione razziale, che sta valutando l’operato della Santa Sede. La Santa Sede è uno dei 177 Stati firmatari della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale – tra i primi firmatari, il 21 novembre 1966 – e come tale è tenuta a sottoporre rapporti regolari alla Commissione, composta da 18 esperti internazionali indipendenti. Prima delle sessioni di questi giorni era stata inviata alla Santa Sede una lista di temi di massima non esaustiva, perché durante il dialogo possono uscire altri argomenti e non sono richieste risposte per iscritto.
Nella prima sessione di oggi, presieduta da Francisco Cali Tzai e Carlos Manuel Vazquez, relatore per la Santa Sede, ha preso la parola monsignor Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali. Era accompagnato da monsignor Christophe El-Kassis e Vincenzo Buonomo, della Segretaria di Stato della Santa Sede, e da padre Joseph Joseph Koonamparampil e monsignor Richard Gyhra. Nella prima sessione pomeridiana odierna – trasmessa in diretta streaming senza traduzione – monsignor Tomasi ha tenuto una lunga relazione nella quale ha precisato innanzitutto le differenze tra Santa Sede, Chiesa cattolica e Città del Vaticano, che non sono note ai più e rischiano di generare confusione, insieme ad alcuni cenni al sistema giuridico interno alla Santa Sede. La Santa Sede ha consegnato alla Commissione nel giugno 2014 un Report in materia, che specifica la natura unica della stessa. Monsignor Tomasi ha elencato alcune direttive promulgate da Papa Francesco nel 2013 per una più ferrea e chiara legislazione contro la discriminazione razziale, incluso un inasprimento delle pene. Ha poi spiegato l’utilizzo dei media della Santa Sede per promuovere il rispetto di tutti e condannare ogni forma di razzismo, insieme ai costanti e continui appelli a favore della riconciliazione, della tolleranza e dell’amicizia tra le nazioni e i gruppi etnici. Il lavoro della Chiesa, ha precisato, si esplica nel concreto, tra l’altro, attraverso l’educazione – con 215.784 scuole di ogni ordine e grado che accolgono 64 milioni di giovani di cui la maggioranza non cattolici – e la sanità, con 5.034 ospedali, 16mila dispensari e 611 lebbrosari, per un totale di 116.185 realtà sociali. Ha poi concluso assicurando piena disponibilità a implementare e promuovere la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.
Dopo il suo intervento si è aperto il dibattito, con numerose domande rivolte alla Santa Sede, anche non previste nella lista dei temi. La sessione proseguirà domattina, quindi la Commissione pubblicherà l’11 dicembre le proprie osservazioni conclusive sulla Santa Sede e sugli altri Paesi in questi giorni oggetto d’esame (Lituania, Egitto, Slovenia, Mongolia e Turchia). La conferenza stampa finale della Commissione si terrà l’11 dicembre alle 13.30 al Palazzo delle Nazioni a Ginevra.