Il nostro quotidiano ha subito una scossa molto vicina e profonda: il vile attacco a Parigi ha toccato la nostra civiltà, ha innestato un clima di guerriglia che nulla a che spartire con una guerra, simile a quella insegnataci dai libri, tramandata dai documenti e dai nostri nonni (bisnonni per i più giovani) che hanno vissuto sulla loro pelle anni di difficoltà, seminati da orrore, restrizioni e morte.
Quanto meno, noto, conosciuto e, purtroppo dichiarato, era lo stato di guerra. Ora ci sentiamo in balia di una strategia che non ci appartiene culturalmente e che mina improvvisamente le fondamenta del nostro vivere: un attacco simultaneo in posti diversi nel vivo di una serata qualsiasi, una come tante altre, è proditorio ed incrina lo sguardo al presente.
La sciagura prodotta dalla morte di tanti giovani e di tante persone, ha una sua ripercussione che intende scendere più profondamente del fatto stesso, pur grave e deprecabile, minare cioè i rapporti sociali ed avvelenarli con il dubbio e l’incertezza. Infatti chi mi si trova dinanzi, con cui condivido un tratto di strada, colloquio normalmente, consumo un pasto insieme, è lo stesso che è pronto ad accoltellarmi quando non ho la guardia alta, quando mi sono, in un qualche modo, consegnato all’amicizia, alla prossimità umana?
Prima di entrare nell’ambito della religione e delle religioni e quindi della fede, l’interrogativo punta sulla persona umana. È stato smarrito un elemento primo e primordiale che distingue (“fa la differenza” come piace esprimersi oggi!) fra l’animale e la persona umana. Se sono persona umana, chi ho davanti è ugualmente persona umana. Gode degli stessi diritti all’esistenza, esattamente pari ai miei. Quando infierisco su una singola persona infierisco, in fin dei conti su me stesso, e passo la linea di confine: divento un animale.
Come reagire alla paura? Come reagire alla sciagura senza diventare, a propria volta, degli sciagurati?
Così come questi eventi tragici e indefinibili sono stati programmati, pensati dettagliatamente e motivati da ragioni insane ma fatte credere e brillare come degli ideali, così la reazione va costruita, pensata e programmata e non lasciata all’istinto che degrada.
Francesco ha giustamente tuonato “Maledetti!”. La sua non è un’imprecazione, una promessa di vendetta, è solo l’alta denuncia di una constatazione. La maledizione è legata agli atti, ai pensieri, alle programmazioni che non procedono dallo spirito del bene, dallo sguardo amoroso del Padre chino sui suoi figli. Altra è la sua genesi, altra la sua provenienza. Tocchiamo con mano e viviamo sulla nostra pelle l’incarnarsi con volti diversi, brutali e negativi, di quel “mistero dell’iniquità” che interagisce nella storia per distruggere la libertà della persona e addottrinarla per fini malvagi. Tutto questo processo comporta in se stesso la maledizione, non scagliata da altri, ma fatta scaturire come nera pece dagli stessi che l’alimentano. Si ritorce come oscura fiumana che travolge, ottenebra e l’animo e la mente.
La libertà, grande dono di Dio all’umanità, viene intrappolata e, con difficoltà, riesce a liberarsi.
Solo il profondo rispetto per se stessi consente di rispettare gli altri e, si noti bene, l’appartenenza a una religione piuttosto che a un’altra non infirma ma accresce questa postura di tutta la persona come intelligenza, volontà e amore.
Chi crede non può non afferrare come questa sia la base su cui poggiare l’ascolto del Dio che chiede di camminare insieme nel tratto di vita donato. Non può negare che solo osservare gli altri e le loro azioni alla luce della Presenza di Dio in noi, dona serenità e trasmette la pace.
I terroristi, loschi e tenebrosi figuri indubbiamente, non sono anch’essi persone? Immerse nella melma di una dottrina che si spaccia per religione e pretende di uccidere vilmente gli inermi in nome di Dio. Come filtrare questa melma? Come non trovarsene prigionieri con quella reazione immediata e incontrollata che è odio?
Il giovane vedovo parigino e padre di una piccola creatura ci ha lasciato una testimonianza che attraverserà i secoli e sarà l’unica arma per sconfiggere ogni terrorista:
non lasciare che l’odio si tramuti nella broda di cui alimentarsi, bensì aprirsi alle armi della Luce.
La vulnerabilità ferita e resa debole, si erge e diventa vigorosa quando taglia le tenebre con la Luce della libertà.
Unica strada perché i maledetti possano essere convertiti e ricevere la benedizione dell’Altissimo e la nostra.