Piccole storie che forse non entrano nelle cronache ma che possono aiutarci a comprendere meglio l’attesa e l’accoglienza per Papa Francesco, nel suo primo viaggio in terra africana.
La prima storia, un papà con la sua giovane figlia, alla Messa nel Parco della libertà che la pioggia caduta incessantemente dalla sera prima ha trasformato in un mare di fango. Lui, il padre, aveva assistito alla Messa presieduta da Giovanni Paolo II nello stesso luogo dove Francesco si apprestava a celebrare. Nel suo cuore aveva ancora le parole, il volto di Papa Wojtyla, quello sguardo dolce, ma che ti trafiggeva. Mi dice: ho voluto che anche mia figlia potesse assistere alla Messa perché possa portare nel suo cuore questo momento importante della sua vita. Lei, la piccola, parla di Francesco come di un grande uomo: è una persona speciale, dice Caroline, è bello che abbia scelto il Kenya come primo viaggio in Africa.
La seconda storia è quella delle suore che operano nella baraccopoli di Kangemi, che Francesco visita prima di lasciare il Kenya per l’Uganda. È una delle 183 che si trovano nel territorio di Nairobi. Qui suor Ida assieme a 24 ragazze lavorano a un progetto che cerca di aiutare le donne a costruirsi un futuro sottraendosi alla rete di sfruttamento della prostituzione. In occasione della visita del Papa hanno realizzato camici, stole e casule attingendo ai gusti della tradizione di questa parte del continente africano. Suor Ida racconta al quotidiano keniano “The Standard”: quando hanno visto il Papa indossare i paramenti che avevano cucito con le loro mani, si sono inginocchiate e hanno pianto di gioia. E grazie al loro impegno e alla visita di Papa Francesco, per queste ragazze è aumentato il lavoro, e in pochi giorni hanno avuto richieste per realizzare duemila stole e 70 casule.
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