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Cop21, la voce del popolo ai leader della terra: “Abbiate il coraggio d’invertire la rotta”

Di M. C. Biagioni

Non ha retto alla commozione ed ha iniziato a piangere Christiana Figueres, capo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico (Unfccc), quando dalle mani dell’arcivescovo anglicano Thabo Makgoba ha ricevuto le petizioni che le Chiese, le religioni, le Ong di tutto il mondo consegnano ai leader di governo e ai capi di Stato per la Conferenza Onu sul clima, Cop21. “Vi ringrazio – ha detto la rappresentante Onu – per il vostro contributo, per le vostre preghiere, per la vostra fede. Avete camminato in pellegrinaggio in ogni continente.

Vi ringrazio per ogni singola tappa che avete attraversato. Ci avete dimostrato che è possibile fare grandi cose”.

Le parole commosse dell’alta rappresentate Onu sono la prova che gli sforzi fino ad oggi compiuti dalle Chiese, dalla religioni, dalle migliaia di aderenti alle Ong e alle associazioni, per toccare “i cuori” dei politici, non sono stati vani.

A Parigi, alla vigilia della Conferenza Onu sul clima, sono arrivati centinaia di pellegrini climatici. Hanno percorso a piedi o in bicicletta le strade dell’Europa per migliaia di chilometri. Ci sono gruppi provenienti da Germania, Scozia e Inghilterra, Paesi Bassi e Scandinavia, ma anche da Filippine, Perù e Kenya. Alcuni hanno fatto il tragitto per intero, altri solo qualche tappa. Tra loro c’è anche la Focsiv-Volontari nel mondo: un gruppo composito di 11 persone che da Roma a Parigi hanno percorso 1.500 chilometri in 57 giorni con il motto “Una Terra. Una Famiglia Umana. In cammino verso Parigi”. Questi pellegrini sono mossi dalla preoccupazione per il futuro del nostro pianeta: ondate di calore e inondazioni, scioglimento dei ghiacci, innalzamento del livello del mare e aumento dell’acidità degli oceani.

È rimasto poco tempo per agire, per cambiare gli stili di vita e invertire i sistemi di produzione.

La crisi ecologica – ha scritto Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’ – è anche crisi morale e spirituale. Per questo, prima di consegnare ai leader dell’Onu e di governo le loro petizioni, i rappresentanti delle Chiese e delle religioni si sono dati appuntamento nella Basilica di Saint-Denis per un momento di raccoglimento spirituale. Siamo a Nord di Parigi. La città conta 100mila abitanti di 90 Paesi diversi. Si trova ai margini di Parigi raggiunta dalla linea 13 della metropolitana. È qui, all’ombra dello Stade de France, che due kamikaze si sono fatti esplodere il 13 novembre. Ed è qui che c’è stato il blitz delle teste di cuoio contro il covo dei terroristi. La basilica è presidiata dall’esercito. Ragazzi in tuta mimetica e kalashnikov in spalla. Sono il segno evidente di una “guerra” che non è ancora terminata.

Nella basilica, si prega e si medita secondo le diverse tradizioni (ebrea, cristiane, musulmana, sikh, indù, buddista).

L’Ave Maria intonata dai cattolici si alterna alla campana buddista e alla meditazione sikh. È una invocazione nelle voci e nelle lingue più diverse che ridona a Parigi, in queste ore ancora segnate dal terrore, la speranza di una pace possibile, forse per un domani non troppo lontano.

Voci diverse ma unanimi nel chiedere ai leader politici che lunedì arriveranno a Parigi per la Conferenza sul clima “il coraggio e la forza di cambiare il destino del nostro pianeta”. Sono quattro le petizioni che nella Salle de la Légion d’Honneur di Saint-Denis vengono consegnate ai rappresentati dell’Onu e del governo francese. In tutto hanno raccolto quasi 2 milioni di firme. Le richieste sono molto concrete. Dai leader di Cop21 ci si attende un accordo sincero e vincolante; una riduzione drastica delle emissioni del carbonio per mantenere la temperatura globale al di sotto della soglia di aumento di 1,5 gradi;

di “porre fine all’era dei combustibili fossili e di fissare l’obiettivo di una decarbonizzazione completa da qui al 2050”.

“Prego – ha detto il cardinale brasiliano Claudio Hummes – che i leader politici ascoltino sia il clamore della terra che il grido dei poveri e sappiano rispondere alla richiesta di una giustizia climatica. Il tempo è contato. È ora di agire”.

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