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Coldiretti, Vescovo Carlo Bresciani: “Il creato è il più grande bene comune che abbiamo, è la casa di tutti noi”

Di Floriana Palestini

DIOCESI – La più bella composizione poetica di ogni tempo è stata scritta da un santo: era il 1227 e su san Francesco d’Assisi quella mattina, nella chiesetta di San Damiano da lui costruita, soffia lo Spirito Santo a ispirargli dei versi di lode a Dio, quei versi che apriranno un solco nella storia e lasceranno una traccia che dura ancora oggi da più di 700 anni.

Ed è proprio con il “Laudato sii” che si è aperta la S. Messa per la giornata del ringraziamento voluta dalla Coldiretti Ascoli Piceno, un’organizzazione di imprenditori agricoli che opera a livello nazionale ed europeo, nella mattinata di domenica 29 novembre.
Presenti alla celebrazione in Cattedrale, presieduta dal vescovo mons. Carlo Bresciani, numerosi rappresentanti e lavoratori legati a tale organismo. « Un cordiale saluto e benvenuto ai coltivatori diretti di san Benedetto, Ascoli Piceno e Fermo a cui si sono uniti i pescatori di san Benedetto qui convenuti per questa celebrazione di lode e di ringraziamento a Dio per i doni della terra e del mare che Egli ha concesso loro nell’anno che sta per concludersi. – ha esordito il vescovo Carlo commentando le letture nell’omelia –. Inizia oggi l’avvento, tempo liturgico che ci ricorda che non solo la nostra vita va verso Dio, ma è innanzitutto Lui che viene incontro a noi in Gesù Cristo. La preghiera di ‘colletta’ che abbiamo recitato all’inizio della santa messa ci esortava ad “andare incontro con le buone opere a Cristo Signore”. Quali buone opere? Nella seconda lettura san Paolo, scrivendo ai Tessalonicesi, dice loro: “Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti” (1Tess 3, 12). È questo l’unico modo di andare incontro al Signore: crescere nell’amore vero tra noi e verso tutti.

Amare è riconoscere quello che riceviamo dall’altro: da Dio e dagli uomini. Da Dio riceviamo la vita e la terra con i suoi frutti che ci alimentano. Da qui scaturisce il necessario ringraziamento che con la celebrazione di questa messa vogliamo innalzare a Lkui e affidare a Gesù perché lo porti al Padre.

Amare è custodire il dono ricevuto: significa non solo prenderci cura della vita, ma anche del creato che Dio ha donato a noi. Papa Francesco, con la sua lettera enciclica Laudato si’ ce lo ha recentemente ricordato. Il creato è il più grande bene comune che abbiamo, è la casa di tutti noi, quella che ci permette di proteggere e custodire la vita.

Amare non è solo custodire, lasciare così come è, ma coltivare, rendere più bello e produttivo per il bene di tutti quel dono che ci è stato affidato e che dovremo consegnare a chi viene dopo di noi e, alla fine, a Dio stesso. Non è atto di amore consegnare un suolo deturpato, contaminato, reso improduttivo e non più ospitale a chi vine dopo di noi, ai nostri figli. Il suolo che coltiviamo, pur essendo proprietà privata, è un bene comune: i suoi frutti, ottenuti con tanta fatica, alimentano l’umanità e devono esser frutti buoni. Noi sappiamo che la prima opera di misericordia corporale è dar da magiare agli affamati. Il coltivatore della terra e il pescatore, insieme a un onesto guadagno per sostenere sé e la propria famiglia, procura cibo per saziare la fame degli uomini.

Siamo abitatori, custodi e coltivatori responsabili della terra, del mare e dell’aria che ci sono affidati. Chiediamo a Dio, mentre gli rendiamo grazie, di aiutarci ad esercitare bene questa responsabilità, che non è solo del coltivatore o del pescatore, ma coinvolge tutti, proprio tutti: dalla politica, all’economia, alla scienza, alla tecnica fino all’ultimo cittadino che con il suo irresponsabile comportamento inquinante può offendere la bellezza e la bontà del suolo e del creato.

Il Cristo che viene ci chiederà che ne abbiamo fatto del suolo e del mare che il Padre ci ha affidato. Dobbiamo, quindi, essere amministratori responsabili che continuano l’opera generosa del Padre comune per il bene di tutti.

La prima lettura ci dice che Colui che verrà, il germoglio di Davide, porterà “giustizia sulla terra” (Ger 33, 15). Porterà giustizia anche alla terra e per la terra troppo spessa segnata dal peccato dell’uomo che la consuma e la sfrutta senza necessità, ma solo per avidità irresponsabile. Il consumo del suolo non strettamente necessario è offesa alla terra, agli uomini e a Dio.

Gesù viene a portare pace sulla terra e per la terra. Essa non è nemica dell’uomo, diventa nemica solo quando non la amiamo, la maltrattiamo, la sfruttiamo senza tener conto dei suoi ritmi. Solo se la tratti bene ne ricaverai frutti per il presente e per il futuro.

Pace con la terra richiede una nuova alleanza tra essere umano e ambiente, come ricordava Benedetto XVI. Dio viene a noi in Gesù nel Natale per ristabilire l’alleanza tra noi e Dio rotta dal peccato, rottura che ha coinvolto anche il nostro rapporto con la terra, il suolo e il mare: ce li siamo resi nemici, da amici che erano. Accogliamo l’invito a questa nuova alleanza, che significa renderci collaboratori della terra per superare gli effetti negativi di quell’antico peccato che porta sempre a contrapporre uomo e uomo, uomo e suolo/mare in una spirale di dominio che porta ad accaparramenti ingiusti di terra da parte di coloro che hanno maggiori disponibilità economiche a scapito dell’accesso di tutti a ciò che Dio ha donato a tutti.

Ridare dignità e giusta redditività a coloro che lavorano il suolo è facilitare il ristabilimento di questa alleanza tra uomo e ambiente, alterata da un ingiusto squilibrio tra chi produce e chi commercia, squilibrio che allontana dalla terra e dal mare e porta all’abbandono della cura di cui hanno bisogno.

San Paolo, scrivendo ai Romani, dice che il creato 2geme e soffre” (rom 8, 22) e attende di essere salvato. Geme e soffre per il peccato dell’uomo. Se da Gesù ci lasciamo riscattare dal peccato dell’avidità, del dominio e dell’egoismo anche la terra che abitiamo ci diventerà più amica,più bella, più abitabile, più salubre: potremo goderla meglio come autentico dono di Dio a noi e a tutta l’umanità.

Il Signore ci faccia crescere e abbondare nell’amore tra noi e verso tutti. Il Natale e il Giubileo della Misericordia che ci prepariamo a celebrare, con l’aiuto di Dio, produca in noi questa crescita.»

Al termine della celebrazione un lavoratore Coldiretti ha condiviso con la comunità presente la preghiera cristiana con il creato, inserita da papa Francesco all’interno del volumetto contenente l’enciclica “Laudato si’”. In seguito il vescovo e tutto il clero presente si sono spostati nella piazza su cui si affaccia la parrocchia di S. Maria della Marina, piazza Nardone, dove un gran numero di trattori e lavoratori attendeva la benedizione ai mezzi.

Redazione: