LanfrancoSAN BENEDETTO DEL TRONTO – “ Che cosa è la misericordia?» si domandava sant’Agostino. E rispondeva: «Non è altro se non un caricarsi il cuore di un po’ di miseria altrui. La parola “misericordia” deriva il suo nome dal dolore per il misero. Tutte e due le parole sono presenti in quel termine: miseria e cuore.
Quando il tuo cuore è toccato, colpito dalla miseria altrui, ecco, allora quella è misericordia. Fate attenzione pertanto, fratelli miei, come tutte le buone opere che facciamo nella vita riguardano veramente la misericordia. Ad esempio: tu dai del pane a chi ha fame; daglielo con la partecipazione del cuore, non con noncuranza, per non trattare come un cane l’uomo a te simile. Quando dunque compi un atto di misericordia comportati [così]: se porgi un pane, cerca di essere partecipe della pena di chi ha fame; se dai da bere, partecipa alla pena di chi ha sete; se dai un vestito, condividi la pena di chi non ha vestiti; se dai ospitalità condividi la pena di chi è pellegrino; se visiti un infermo quella di chi ha una malattia; se vai a un funerale ti dispiaccia del morto e se metti pace fra i litiganti pensa all’affanno di chi ha una contesa. Se amiamo Dio e il prossimo non possiamo fare queste cose senza una pena nel cuore. Queste sono le opere buone che provano il nostro essere cristiani».” Con le parole di Sant’Agostino, Don Lanfranco Iachetti, parroco della Chiesa di San Savino, ha introdotto l’incontro con tutti i volontari della Caritas diocesana, soffermandosi sul significato dell’Avvento e della Misericordia. Misericordia, etimologicamente indica le viscere materne, il grembo. Questo aspetto fa pensare al momento dell’Annunciazione, quando si incontrano il corpo accogliente di Maria con la Verità di Dio, e si rende così possibile una nuova creazione. «La misericordia di Dio non è un’idea astratta – scrive Papa Francesco – ma una realtà concreta con cui egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono» L’Avvento è un tempo di attenzione e tenerezza, esso serve a renderci e riconoscerci “prossimi” tra gli innumerevoli prossimi che incontriamo lungo la nostra vita.
La prossimità, insegna l’Avvento, è il modo d’essere stesso dell’uomo nel suo agire nel mondo: “prendersi cura del bisogno dell’altro”, delle sue infelicità e delle sue colpe, cioè come dare[…] non dono del cuore, ma del pane della propria bocca, del proprio boccone di pane; apertura -al di là del portamonete- delle porte della propria casa”

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