Ad intervenire nel dibattito ci sono stati anche i rappresentanti delle Chiese cristiane. Il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, primate della Chiesa cattolica nel Paese, affida la sua riflessione ad un comunicato e quelle da lui pronunciate, sono parole chiare a sostegno di un intervento militare mirato e proporzionato in Siria. “Un’azione efficace è necessaria – dice l’arcivescovo – per fermare il grave danno inflitto dall’Isis sulla popolazione civile.
“La violenza indiscriminata non è mai giustificabile ma l’uso specifico della forza per proteggere i più vulnerabili è difendibile, se è combinato con sostenuti sforzi diplomatici e umanitari”.
Come Papa Francesco ha detto: laddove c’è un’aggressione ingiusta, è lecito fermare l’aggressore”. La Chiesa cattolica inglese conosce molto bene la situazione vissuta dalle popolazioni in Medio Oriente e in Siria e Iraq. Lo stesso Nichols ha compiuto un viaggio in Iraq quest’anno nel mese di aprile. Ha potuto parlare con i rifugiati e con i responsabili della chiesa locale irachena che li accoglie. Ed è alla luce della esperienza vissuta sul campo che l’arcivescovo delinea per l’Inghilterra un’azione a tre passi. Il primo è quello di fermare l’Isis e “ciò richiede un intervento militare proporzionale”; il secondo è quello di rendere villaggi e città abitabili attraverso una pulizia delle mine antiuomo; il terzo passo è ristabilire lo stato di diritto e la fiducia tra i diversi popoli e le fedi”.
Alla Camera dei Comuni, ieri, ha preso la parola anche l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby. Prima di diventare il leader spirituale della Comunione anglicana, Welby ha vissuto in Nigeria dando prova di grandi capacità pastorali, soprattutto nell’affrontare situazioni conflittuali, nel proporsi come uomo del dialogo e della riconciliazione. Non sorprende quindi che la sua posizione sulla partecipazione della Gran Bretagna ai rais aerei sia all’insegna del pacifismo. Welby è preoccupato.
Un’azione militare in Siria rischia di giocare a favore dell’Isis e degli altri gruppi jihadisti presenti nella regione.
“Se agiamo solo contro l’Isis, a livello globale, e solo nel modo proposto finora – ha spiegato il leader anglicano -, rafforzeremo la loro determinazione, aumenteremo la loro forza di reclutamento e incoraggeremo i loro simpatizzanti. Senza un approccio molto più completo, noi confermiamo la loro convinzione terribile che quello che stanno facendo è la volontà di Dio”. C’è dunque un lavoro “essenziale” da fare per scardinare nel profondo la “falsa narrativa” del jihadismo e in questo lavoro devono essere coinvolti Arabia Saudita e Qatar, Paesi in cui “la promozione di una particolare branca di teologia islamica ha fornito una fonte da cui l’Isis ha preso una falsa legittimazione”.