“Una società a bassa consistenza e con scarsa autopropulsione: una sorta di ‘limbo italico’ fatto di mezze tinte, mezze classi, mezzi partiti, mezze idee e mezze persone”. Questa la radiografia della società italiana, offerta dal 49° Rapporto Censis, presentato dal presidente Giuseppe De Rita. Le ragioni di questa situazione risiedono nell’assenza di una vera “progettazione per il futuro, che lascia la cultura collettiva prigioniera della cronaca e del consenso d’opinione”. In questo clima, vincono
“l’interesse particolare, il soggettivismo, l’egoismo individuale e non maturano valori collettivi e una unità di interessi. Crescono così le diseguaglianze, con una caduta della coesione sociale e delle strutture intermedie di rappresentanza che l’hanno nel tempo garantita. A ciò corrisponde una profonda debolezza antropologica, un letargo esistenziale collettivo, dove i soggetti (individui, famiglie, imprese) restano in un recinto securizzante, ma inerziale”.
Anche quest’anno, dunque, i dati raccolti nel documento permettono di evidenziare i più significativi fenomeni socio-economici del nostro Paese, individuando i reali processi di trasformazione della società italiana.
Crisi della dialettica socio-politica. Quest’anno si è registrato “un generoso impegno a ridare slancio alla dinamica economica e sociale del Paese attraverso il rilancio del primato della politica, con un folto insieme di riforme di quadro e di settore, e la messa in campo di interventi tesi a incentivare propensione imprenditoriale e coinvolgimento collettivo rispetto al consolidamento della ripresa”. Ma questo impegno fatica a suscitare nel corpo sociale una “reazione chimica”, un investimento collettivo, la necessaria osmosi tra politica e mondi vitali sociali. La dialettica socio-politica risulta così l’elemento oggi più in crisi.
Lo sviluppo reale del Paese. Cosa resta dunque oltre la pura cronaca e il volontarismo della politica? I processi di sviluppo reale del Paese. Uno sviluppo fatto di basi storiche, capacità inventiva e processi vincenti. Tra questi ultimi, “i giovani che vanno a lavorare all’estero o tentano la strada delle start up, le famiglie che accrescono il proprio patrimonio e lo mettono a reddito (con l’enorme incremento, ad esempio, dei bed & breakfast), le imprese che investono in innovazione continuata e green economy, i territori che diventano hub di relazionalità, la silenziosa integrazione degli stranieri nella nostra quotidianità”. Inoltre, si va formando un nuovo “made in Italy”, nell’intreccio tra successo gastronomico e filiera agroalimentare, nell’integrazione crescente tra agricoltura e turismo (con l’implicito ruolo del patrimonio paesaggistico e culturale).
Dove andranno i soldi degli italiani? “Nel corso dell’anno i principali indicatori economici hanno cambiato segno ed evidenziano movimenti verso l’alto nell’ordine di qualche decimale di punto percentuale. Ma nell’Italia dello zero virgola – ha precisato Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis – continua a gonfiarsi la bolla del risparmio cautelativo. Lo dimostra il tasso di inflazione, inchiodato intorno allo zero e gli investimenti nulli”. Il valore del patrimonio finanziario degli italiani, in quattro anni (giugno 2011-giugno 2015) ha registrato un incremento di 401,5 miliardi (+6,2%), ma non si riaccende la propensione al rischio nelle attività finanziarie delle famiglie. Riguardo agli investimenti, il mattone ha ricominciato ad attrarre risorse, mentre si diffonde sempre più la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare. Nell’insieme, dunque, quella italiana si profila economicamente come “una società a bassa autopropulsione, che ancora non ritrova il gusto del rischio”.
Il rimbalzo occupazionale selettivo. La disoccupazione globale si riduce all’11,9%, ma non tutti i settori ne beneficiano allo stesso modo. Va male per i giovani (15-24 anni), il cui tasso di disoccupazione è praticamente raddoppiato in sei anni, attestandosi al 41,3%. Aumenta invece l’occupazione femminile, così come quella dei lavoratori più anziani (55-64 anni). Si consolida poi la presenza nel mercato del lavoro della componente straniera, che ha superato i 2,3 milioni di occupati.
L’ibridazione, “X factor” per la ripartenza. Da dove riparte dunque oggi l’Italia? “Oggi il primo fattore di riposizionamento dei vincenti è il rapporto con la globalità, profondamente modificato dall’abbattimento delle barriere e dei costi di ingresso grazie al digitale”. Un esempio vincente sono i produttori di macchine e apparecchiature (con un surplus di 50,2 miliardi di euro nel 2014), che hanno reso l’Italia leader nella produzione di macchinari per produrre altri macchinari.
Ma il vero “X factor” per la ripartenza “sta in una rinnovata ibridazione di settori e competenze tradizionali che produce un nuovo stile italiano: il risultato di questa ibridazione è una trasformazione dei settori tradizionali”. Basti pensare al successo della gastronomia italiana che “ha agganciato lo sviluppo della filiera agroalimentare, legandola anche al turismo, alle bellezze paesaggistiche e culturali del Paese, grazie anche al volano delle piattaforme digitali”.
Politica e società fuori sincrono. Per quanto riguarda il ruolo della politica, in relazione alla percezione dei cittadini, “quanto più lo Stato non rappresenta un baluardo sicuro per gli individui rispetto alle minacce al loro benessere, tanto più la politica deve farsi performance: deve tagliare con il passato ed essere percepita come veloce, efficace, risolutiva. Ma resta un deficit di fiducia nei cittadini”. Tanto che gli italiani risultano accordare alle diverse istituzioni politiche un livello di fiducia più basso di quello espresso dal resto dei concittadini europei.