Da quando Papa Francesco ha indetto il Giubileo della Misericordia, mi sono domandato più volte: perché mai non ha deciso di farlo partire nella prima domenica di Avvento? Non sarebbe più significativo aprire la Porta Santa al momento in cui si apre il nuovo anno liturgico che ripercorre la storia della salvezza, storia dell’eterna misericordia del Padre? La risposta l’ho trovata proprio ora, al momento di preparare le riflessioni sulla solennità dell’Immacolata.
Sì, perché questa celebrazione ci riporta in maniera esplicita proprio alla opposizione tra bene e male che – come sottolinea la prima lettura della Messa dell’8 dicembre, il capitolo 3 della Genesi – ha avuto inizio là, nel Paradiso terrestre, quando l’uomo e la donna scelsero l’indipendenza da Dio e, con essa, la loro e nostra rovina. Una scelta che il Creatore non poteva tollerare, per cui, subito, pensò a ripristinare la vocazione e la predestinazione alla salvezza per l’umanità: pensò a far vincere la sua misericordia contro la follia del peccato. E questa misericordia l’annunciò proprio indicandone la strada in una donna. Dio non ha misericordia per il demonio e lo maledice; nutre invece volontà misericordiosa nei confronti dell’umanità; l’uomo e la donna peccatori non li maledice; li castiga, ma, allo stesso tempo, promette salvezza, promette misericordia: e chi meglio di una donna può esprimere la grandezza, la verità, la bellezza della misericordia di Dio? Una donna – appare fin dal brano biblico della Genesi – che porta in sé una “stirpe”, un figlio che deve nascere. E proprio questa “stirpe”, questo Figlio che nasce, sarà colui che “schiaccerà la testa” del serpente. Certo, non sarà lei, la donna, la fonte della salvezza; ne sarà invece la strada, quella strada attraverso la quale il Figlio suo verrà nel mondo, portatore della misericordia, del perdono, della liberazione dal male, perché lui, il Figlio di questa donna, “schiaccerà il capo” del serpente, il quale, inutilmente, tenterà di “insidiare il calcagno della donna” per impedirle di dare alla luce il Salvatore, il Signore della misericordia.
La disobbedienza di Adamo ed Eva è capovolta, nei suoi effetti, dalla obbedienza di Maria che, nell’annunciazione, si rende disponibile al progetto di Dio: “Ecco la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola”.
Questa è la “storia” della misericordia di Dio: il Padre, per mezzo del Figlio è la fonte di ogni misericordia; ma come fa giungere a noi la sua misericordia? La fonte ha bisogno di un acquedotto che porti l’ “acqua” fino a noi: e questo acquedotto che ha portato su questa terra il Figlio di Dio è lei, Maria.
Lo racconta mirabilmente san Bernardo di Chiaravalle nel suo discorso “De aquaeductu”. Dopo avere parlato della fonte che ha bisogno dell’acquedotto, precisa: “Voi avete già capito, se non sbaglio, quale sia questo acquedotto che, ricevendo la pienezza della sorgente dal cuore dello stesso Padre, l’ha data per noi alla luce, anche se non come è, ma quale potevamo comprenderla. Sapete infatti a chi fu detto: Ave, o piena di grazia”.
Papa Francesco mi ha convinto: la data giusta per dare il via al Giubileo della Misericordia non poteva essere che la solennità di Maria concepita senza peccato, preannunciata fin dal momento del peccato originale: lei è l’acquedotto attraverso il quale giunge all’umanità la pienezza della misericordia di Dio, Gesù Cristo nostro Signore.