Oggi sono due anni dallo scoppio della guerra civile in Sud Sudan, mentre la gente scappa per l’imminente arrivo nella capitale Juba di Machar, ex vicepresidente e leader dell’opposizione nel conflitto.
Dal 15 dicembre 2013 il più giovane Paese al mondo è infatti in preda a scontri, inflazione e una pace messa a repentaglio da un allargamento del conflitto. “In Sud Sudan si sopravvive con il fiato sospeso – raccontano Tommy Simmons e Valentina Picco, operatori di Amref appena rientrati in Italia – . L’entusiasmo nazionale che aveva accolto la nascita del più giovane Paese del mondo si è presto trasformato in paura, degenerando in un’escalation di violenza e nel tracollo di una economia già fragilissima”. La nazione, che ha un’estensione pari a più del doppio di quella dell’Italia ed è caratterizzata da una grande varietà di etnie e culture locali (vi vengono parlate oltre 60 lingue diverse), appare “come un’enorme Torre di Babele – dicono -, dove infrastrutture, scuole e fabbriche non hanno avuto ancora modo di svilupparsi, a causa del recente conflitto e dei precedenti 6 decenni di guerra contro il Sudan”. Il Sud Sudan, ricordano, “rimane comunque un Paese dalle grandi ricchezze naturali, che fanno gola a tanti dei suoi vicini e non solo. Oltre al petrolio e ai contanti che può generare nel breve periodo, è caratterizzato soprattutto da grandi spazi e quantità gigantesche di acqua. Secondo la Fao il Sud Sudan ha più terre agricole fertili e irrigabili ma incolte di tutto il resto dell’Africa messa insieme”.
Secondo i due operatori di Amref questo mese “è assai delicato, tanto da un punto di vista politico che da quello della sicurezza”.