DIOCESI – Domenica 13 dicembre a San Benedetto del Tronto è stata aperta presso la Basilica Cattedrali Madonna della Marina dal Vescovo Carlo Bresciani la Porta Santa diocesana realizzata dallo scultore Paolo Annibali.
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Vescovo Carlo Bresciani: “Dio, apri i nostri occhi e i nostri cuori alla tua misericordia”
Al termine della celebrazione il Prof. Annibali ha dichiarato: “Un’opera d’arte, come nel caso della nostra porta, in quanto strumento liturgico non deve essere una semplice figurazione di fatti o concetti biblici, ma, attraverso le vie della bellezza, come dice Paolo VI “rende questi misteri presenti e accessibili”.
L’opera d’arte religiosa deve avere piani di lettura ampi: deve essere compresa su piani primari dal fruitore più semplice che ha nei confronti della fede un approccio devozionale, a chi, avendo una visione più approfondita e consapevole ne fa una lettura articolata.
L’arte religiosa, secondo me, ha delle similitudini con l’ambito teologico, come dichiarato da Papa Francesco: “insegnare e studiare teologia significa vivere su una frontiera”, quella in cui incontrare le necessità della gente annunciando il Vangelo in maniera “comprensibile e significativa”.
Non sta a me sintetizzare teologicamente il tema della Misericordia biblica con il significato della bolla di indizione giubilare emessa da Papa Francesco, ma forse posso esprimere un commento in quanto fedele chiamato a figurare i temi del sacro.
La vulnerabilità umana, che si manifesta attraverso l’esperienza del dolore, dello smarrimento, del peccato…, trova nostro Signore che, innamorato della sua creatura, è sempre pronto a prenderlo per mano e guidarlo verso un luogo dell’anima dove le inquietudini, lo smarrimento, trovano consolazione.
“Misericordiae Vultus”, sembra richiamare la Chiesa e tutto il suo popolo a testimoniare il volto misericordioso di Dio, come identità fondamentale del proprio annuncio rendendolo percepibile. La Misericordia si manifesta con il perdono, l’aiuto materiale, il farsi carico dell’altro.
Direi che la bolla è una specie di invito all’auto analisi, a cui ognuno di noi è chiamato per verificare quanto sia misericordioso, quante volte riconosce nell’altro, nel diverso, il volto di Cristo, quante volte è pronto ad aiutare chi stende una mano. Penso di essere sempre pronto, parlo di me, ad essere misericordioso soprattutto nei miei confronti, sono sempre pronto ad auto assolvermi. Essere cristiani significa essere misericordiosi, sennò si è altro.
“Misericordia io voglio e non sacrifici” la frase dell’evangelista Matteo (Mt 9,13), è l’invito a vivere fino in fondo la vocazione della chiesa, che sa scommettere sulla possibilità di trasformazione e la speranza di futuro dell’uomo.
La nostra cattedrale, è per me il luogo dei ricordi, qui sono stato battezzato, ho ricevuto la comunione e la cresima. Poi, quando sono diventato adulto, le cose sono cambiate, come fossero distanti, ma non ho dimenticato i semplici insegnamenti di mia madre, la bonaria irascibilità di don Costantino, le catechiste Erminia e Maria che in maniera forse un po’ rigida, ma erano tempi diversi, mi insegnavano i fondamenti della nostra fede. Sembrano secoli, ma quei ricordi, quei pomeriggi d’estate passati a studiare a memoria il Salve Regina o le risposte a domande quali: “Chi è Dio?”, sono l’inizio del mio cammino di fede, e di molti altri, e chi fa il mio mestiere, li conserva gelosamente.
Ho lavorato tanto, tante chiese, monumenti, mostre, ma quest’opera per me è un ritorno a casa, alle origini, a quand’ero bambino.
La porta, pur essendo un organismo perimetralmente isolato dal resto della facciata, deve integrarsi con essa creando una perfetta continuità, perché la Porta è un elemento con una potente simbologia, “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7), dichiara Gesù Cristo, quindi diventa il luogo dell’accesso quando è aperta. Diversa è la porta chiusa, proprio per questo nell’indizione dell’Anno Giubilare, Papa Francesco invita a tenere la porta sempre aperta, ad indicare una chiesa dell’accoglienza, pronta a mostrare il suo volto misericordioso.
In un’epoca di difficile transizione come questi ultimi anni, l’arte a suo modo, si rende interprete del tempo e non solo, restituendo liricamente le ansie e le fragilità dell’esistere.
La realizzazione di un’opera monumentale è un lavoro talmente complesso da sembrare un percorso ad ostacoli.
Prima i’ideazione dell’impaginato, ovvero la sua forma complessiva, poi riempirla con un racconto. In questo passaggio sono stato confortato dal nostro vescovo monsignore Carlo Bresciani e da monsignor don Vincenzo Catani ed insieme sono stati scelti i soggetti che abbiamo deciso di trarre dall’antico e nuovo testamento. Poi la fase più complessa e faticosa: la realizzazione della porta stessa, in cui tante persone contribuiscono alla riuscita dell’opera. Infine quando vedo la porta finita, vedo la realizzazione di qualcosa che solo io avevo in mente, ma è un attimo, l’opera si allontana malinconicamente da me, e diventa altro.
Ringrazio innanzitutto sua eccellenza Carlo Bresciani per la fiducia e la stima accordatami, don Vincenzo Catani che è da sempre un mio sostenitore.
Ringrazio mia moglie Anna che sopporta pazientemente tutti i miei malumori, mio fratello Giovanni che mi aiuta nei momenti di difficoltà fisica, cioè sempre. L’amico Enrico Melonari che ha documentato tutte le fasi di realizzazione della porta.
Sono grato alle aziende che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera comprendendo le sue inusuali difficoltà:
il Mobilificio Binni, in particolare Carlo e Paolo che hanno curato la parte lignea;
il fabbro Giuseppe Marcozzi e tutto il suo staff per la struttura in ferro;
l’ingegnere Simone De Angelis per i calcoli;
la fonderia Efesto di Cingoli per le fusioni in bronzo delle formelle;
la fonderia Bongiovanni di Martinsicuro per le fusioni della parte interna;
lo zincografo Vitali di Porto San Giorgio per gli stemmi del papa e del vescovo;
Infine ringrazio la dirigente della mia scuola, il liceo “Benedetto Rosetti” Stefania Marini, i colleghi e soprattutto i miei alunni che ho costretto a partecipare”.
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