Conosco due tradizioni riguardanti la Santa Casa di Loreto.
La più famosa racconta che gli angeli hanno preso la casa di Maria e l’hanno trasportata da Nazareth a Loreto; l’altra narra di alcuni uomini che, dopo aver smontato la casa di Nazareth, hanno preso le pietre e le hanno portate a Loreto, dove l’hanno ricostruita.
A prima vista, le due storie sembrano molto diverse, ma ieri mi sono accorto che esse tramandano lo stesso messaggio: entrambe parlano dei servi di Dio.
Servi sono gli angeli, che eseguono la missione che Dio affida loro e lo fanno con estrema fedeltà e cura: se un angelo perdesse il riferimento a Colui che lo invia e si mettesse a fare di testa sua trascurando la sua missione, non potrebbe più essere un angelo. Gli angeli, dunque, presero in custodia la Santa Casa e la trasportarono di notte fino a Loreto. Così, ogni anno nella notte tra il 9 e il 10 dicembre noi accendiamo le fochere per illuminare la via verso Loreto, ma anche perché la Madonna, passando, volga lo sguardo sulle nostre famiglie e ci mostri il suo figlio Gesù!
Servi di Dio sono gli uomini, che, secondo l’altra tradizione, hanno smontato la Santa Casa di Nazareth e l’hanno ricostruita a Loreto; anch’essi, come gli angeli, sono esecutori di una missione.
Se chiudo gli occhi, li vedo mentre smontano la casa di Nazareth e preparano le pietre per il trasporto. Le prendono tutte e non ne scartano nessuna, nemmeno quelle che sembrano imperfette, vecchie, rovinate, consumate dal tempo… Quei servi di Dio stanno ben attenti a prenderle tutte, perché sono le pietre della casa di Maria: dentro quella casa è entrato l’angelo Gabriele, dentro quella casa Maria è stata chiamata da Dio, dentro quella casa è risuonato il suo bellissimo «Sì»!
Non deve mancare nemmeno una pietra: ciascuna dovrà riprendere il suo posto, una volta giunti a Loreto. Quegli uomini svolgono bene la loro missione, perché sanno di essere servi e non architetti o ingegneri. Sono umili e non pensano nemmeno per un momento che si potrebbero trovare pietre migliori, più adatte alla costruzione, più belle, più nobili… Non gli viene in mente che a Loreto potrebbero esserci perfino pietre più adatte di quelle…
Stasera, cari amici, guardo la Santa Casa e penso alla nostra comunità cristiana.
Noi siamo le pietre vive che la costituiscono, come ci ricorda San Pietro nella suaPrima lettera, e siamo pietre preziose perché Gesù ci sceglie e non perché siamo perfetti. È Gesù che chiama ciascuno di noi a seguirlo entrando a far parte della Chiesa. E l’appartenenza a Gesù, il nostro vivere per Lui, non è testimoniato dalla quantità di opere che in parrocchia siamo capaci di compiere o dalle notizie che finiscono sui giornali o sul bollettino parrocchiale; il nostro essere cristiani traspare soprattutto dal nostro impegno a vivere la fraternità, nonostante i nostri difetti.
Di questa comunità cristiana siamo tutti responsabili. Gesù ci chiama a custodirla, a farla crescere nella fede perché possa portare buoni frutti, perché possa essere sale e luce, perché possa essere buona notizia per ogni uomo.
Nella nostra comunità possiamo scegliere d’essere angeli, servi che nel quotidiano fanno la volontà di Dio, oppure possiamo scegliere di sostituirci a Dio e fare gli architetti, gli ingegneri della comunità impiegando la vita a selezionare le pietre: tu non vai bene perché ti manca questo; tu perché parli troppo; tu perché non parli; tu perché mi sembri falso; tu perché non sei abbastanza bravo; tu perché hai questo difetto; tu perché sei povero; tu perché sei ignorante; tu perché sei vecchio; tu perché sei giovane; tu perché ho sentito dire che…; tu perché non sei perfetto!
Ma in questo modo, convinti di essere come Dio, assumiamo uno stile che è il contrario dello stile di Dio: Egli chiama e costruisce, noi escludiamo e distruggiamo.
Questa sera vorrei chiedere al Signore, per intercessione della Beata Vergine Maria, di insegnarci l’umiltà e di mettere sulla nostra bocca, e soprattutto nel nostro cuore, le parole di Maria all’Angelo Gabriele: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).