Sarà un Natale di lutto e dolore quello che si appresta a vivere Betlemme. Tre mesi di violenze e scontri tra palestinesi e israeliani, la cosiddetta ‘intifada dei coltelli’, hanno lasciato a terra decine di vittime da ambo le parti. Le ferite della città che ha dato i natali a Gesù oggi sono evidenti. Non c’è solo il muro israeliano che da lunghi sette anni la circonda e la imprigiona. Ora ci sono anche le strade senza le abituali folle dei pellegrini, gli hotel fiaccati dalle cancellazioni, i negozi di souvenir vuoti, le luminarie abbassate e limitate alle zone vicine la basilica della Natività e della piazza della Mangiatoia. Intanto gli scontri continuano a ridosso del muro, vicino alla Tomba di Rachele, luogo venerato da ebrei, cristiani e musulmani, oggi diventato un campo di battaglia tra l’esercito israeliano e i palestinesi. Pietre, proiettili di gomma, candelotti lacrimogeni, bastoni e bottiglie molotov sono dappertutto. Non si fermano nemmeno i lavori di costruzione di un ulteriore pezzo di muro israeliano, nella vicina valle di Cremisan, su terre agricole, frutteti e uliveti confiscati a famiglie cristiane. Betlemme si restringe mentre si allargano gli insediamenti ebraici di Gilo e Har Homa.
“Liberate la pace a Betlemme!”.
“La pace è occupata a Betlemme! Liberate la pace, a tutti i livelli, politici e spirituali” grida il sindaco cristiano della città, Vera Baboun.
Al telefono dalla sede della municipalità, in piazza della Mangiatoia (Manger square), il sindaco, spiega che “i festeggiamenti natalizi saranno in tono minore per rispetto ai nostri martiri e alle loro famiglie e per la situazione più in generale”. Chiaro il riferimento ai palestinesi rimasti uccisi nelle ultime settimane negli scontri con le forze di sicurezza israeliane in Israele e in Cisgiordania. “Natale è una festa religiosa e al tempo stesso nazionale e abbiamo il diritto di celebrarla”. L’agenda natalizia del Comune quest’anno prevede solo alcuni eventi culturali al Peace center. Resta confermata la processione del Patriarca latino Fouad Twal, prima della Messa di Mezzanotte, alla quale parteciperanno, come consuetudine, le massime autorità palestinesi, tra cui il presidente Abu Mazen. Annullate, invece, la tradizionale cena che si svolge dopo l’accensione del grande albero di Natale e il Concerto di Natale. Al posto dei fuochi di artificio sabato 5 dicembre le campane delle chiese di Betlemme hanno suonato tutte insieme “per la pace”.
Pregare per la pace. “Betlemme è la città della pace – dice il sindaco Baboun – e dobbiamo pregare per la pace”. Tuttavia, aggiunge, è lecito porsi alcune domande: “che cosa dobbiamo fare per questo conflitto? Come è possibile tornare alla normalità?”. Interrogativi che nascono dalle condizioni in cui vive Betlemme. “Nuove confische sono per noi uno shock perché significano altre chiusure – sottolinea il sindaco – vivere qui diventa sempre più difficoltoso e sono molte le famiglie che vogliono emigrare. La situazione dei palestinesi è davvero critica. Se non interviene la comunità internazionale, con le Nazioni Unite e le maggiori potenze, porre fine al conflitto sarà impossibile”. La preghiera che il sindaco Baboun eleva in questo Natale è che“il mondo non dimentichi Betlemme. Prego perché i pellegrini che arrivano qui possano elevare la loro supplica per questa città dove è nato Gesù, il principe della Pace.Liberate la pace a Betlemme! La pace è occupata a Betlemme! Questo è ciò che spero per la mia città, per il mio popolo. Al mondo, ai cristiani di ogni Paese dico di svegliarsi: Betlemme sta perdendo la sua identità originale di città della pace”.
Una scelta ben compresa. Sebbene ci si appresti a vivere un Natale “sobrio e sottotono”, la voglia di fare festa per la nascita di Gesù non manca ai cristiani di Betlemme. Come conferma il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. “È vero, ci saranno pochi pellegrini perché tanti hanno cancellato il viaggio per la paura – il calo è drastico in questo mese di dicembre – ma
vogliamo dare un segno di attenzione a quanto sta accadendo in Terra Santa, alle sue difficoltà politiche e agli attacchi con coltelli”.
“Non possiamo restare indifferenti”, sottolinea il Custode per il quale “fare festa è anche un modo per mostrare vicinanza a tutta la comunità cristiana del Medio Oriente che sta vivendo un momento drammatico”. “La comunità cristiana di Betlemme – rivela padre Pizzaballa – ha mostrato di comprendere le ragioni di questa scelta di sobrietà, l’hanno accolta e sostenuta anche con gesti ulteriori di solidarietà attivandosi per collette per i cristiani siriani e iracheni, per le famiglie colpite e più bisognose”. Una scelta in linea con l’Anno della Misericordia appena cominciato: “il Giubileo ci ricorda di alzare lo sguardo verso colui che ci ha perdonato per primo in modo da rileggere la nostra relazione con l’altro in maniera più serena e libera. Questa è la sfida che l’Anno della Misericordia ci lancia per il 2016”. Anche a Betlemme, stanca di essere la capitale del mondo cristiano solo per una notte.
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