La riconciliazione tra le due Coree sarà frutto non solo di un lungo processo politico ma anche di un paziente lavoro di pacificazione che chiama in causa tutti e chiede di abbandonare preconcetti e pregiudizi e di vedere la Corea del Nord e il suo popolo a “colori” e non solo come “una fotografia in bianco e nero”. E’ la via della “diplomazia del cuore” quella che Peter Prove, direttore della Commissione affari internazionali del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) traccia per la riunificazione delle due Coree. Qualcosa nell’ultimo periodo si sta muovendo tra le diplomazie “ecclesiali”. Peter Prove ha fatto parte della delegazione di 12 persone, rappresentanti di Chiese e organismi ecumenici di tutto il mondo, che hanno potuto visitare la Repubblica popolare democratica di Corea (Rpdc) dal 23 al 30 ottobre. Proprio in quegli stessi giorni era presente a Pyongyang una delegazione di 12 preti sudcoreani dell’Associazione Cpaj . Si è conclusa invece venerdì 4 dicembre la visita di una delegazione della Chiesa cattolica della Corea del Sud, composta da 17 persone tra cui 4 vescovi.
Quale peso reale hanno queste visite in Corea del Nord? “Il Wcc – commenta Peter Prove – ha sempre considerato gli incontri personali come un importante canale per la costruzione della comprensione e della fiducia tra Nord e Sud, e per promuovere la causa della pace”. “Incrementare le possibilità di interazione e confronto tra le comunità cristiane di entrambi i lati del 38 ° parallelo, è un processo importante per preservare la speranza e la prospettiva della riconciliazione”.
“Solo il dialogo, l’impegno e la costruzione di una reciproca fiducia possono trasformare la speranza di riconciliazione in una realtà”.
Non è la prima volta che rappresentanti del Segretariato del Consiglio mondiale delle chiese hanno potuto visitare la Corea del Nord. “Ogni volta – assicura Peter Prove -, sono stati ricevuti calorosamente e accolti dalla Federazione coreana cristiana nella Dprk”. In diverse occasioni si è potuto anche celebrare culti insieme nella Chiesa Bongsu o nella chiesa Chilgol a Pyongyang. Durante l’ultima visita, la delegazione ecumenica ha potuto anche incontrare gli studenti del seminario teologico gestito dalla Federazione cristiana della Corea, e incontrare i rappresentanti dell’Associazione dei cattolici coreani. Di che cosa hanno più bisogno i nord coreani? “E’ difficile dare una risposta ma forse ciò che è più necessario, è incoraggiare misure in grado di ridurre le tensioni nella penisola”, risponde Peter Prove. “E’ importante che noi che viviamo al di fuori della Corea del Nord, siamo disposti a mettere in discussione le ipotesi, le supposizioni e i pregiudizi che possiamo aver maturato contro la Corea del Nord e la sua gente, e illuminare l’immagine in bianco e nero che abbiamo nella nostra mente sulla Corea del Nord, con una immagine più colorata della realtà”.
L’unica strada percorribile per la riunificazione e la riconciliazione è il dialogo. “Come cristiani, abbiamo bisogno di vedere il popolo della Corea del Nord come un popolo che, come noi, è stato creato a immagine di Dio”. Il cammino verso la pace richiede “pazienza” ma bisogna “pregare” e “incoraggiare i governi e le istituzioni internazionali ad astenersi dal promuovere immagini che riproducono l’altro come un nemico, ingigantire le minacce, agire in modi che possono creare tensioni.
“Riconciliazione, giustizia e pace non possono essere vinte con le armi e l’aggressione, ma solo con l’impegno, il dialogo e la fiducia”.
“Tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo, parlano la stessa lingua”. Nell’agosto del 2014, prima di partire per Roma e lasciare la Corea, papa Francesco si era rivolto così al popolo coreano nella omelia pronunciata alla Messa per la pace e la riconciliazione. “Papa Francesco con i suoi messaggi di giustizia, pace e riconciliazione – osserva Prove – può essere molto costruttivo per il contesto della penisola coreana”. Che la situazione sia difficile lo dimostra la tristissima vicenda del missionario cristiano protestante canadese il reverendo Lim Hyeon-soo, 60 anni, condannato dalla Corte Suprema del Popolo della Corea del Nord all’ergastolo per “crimini contro lo Stato”. Il Wcc – dice Peter Prove – ha seguito la questione e gli sviluppi attraverso i media. E’ una vicenda complessa che va oltre “le questioni religiose” e che vede il missionario accusato di aver partecipato ad un “piano sovversivo” per rovesciare il governo e creare al suo posto uno Stato di matrice religiosa. “In ogni caso, con molti cristiani di tutto il mondo, il WCC è preoccupato per la salute del reverendo Lim – dice Prove – e si unisce ai membri della sua famiglia e alla chiesa in preghiera per il giorno in cui egli potrà ricongiungersi con loro”.