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Monsignor Galantino: a Firenze avviato “un esercizio di sinodalità”

“Il Convegno ecclesiale di Firenze è stato caratterizzato dall’invito forte a vivere e operare con uno stile di sinodalità, nel solco tracciato cinquant’anni fa dal concilio Vaticano II”. Lo scrive monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, nel numero di gennaio del periodico paolino “Vita Pastorale”. Uno stile che “non è costituito da procedure standard da applicare nelle singole diocesi, ma è una disposizione permanente, aperta e dinamica, a vivere e operare insieme nello spirito di comunione, collaborazione, corresponsabilità”. “Non è neppure – aggiunge – un semplice ideale, un insieme di auspici che rischiano di rimanere retorici, ma consiste nel mettersi all’opera assumendo determinati atteggiamenti e avviando determinati processi”. “Uno stile sinodale – precisa il segretario generale della Cei – è un dinamismo aperto, che chiede perciò di essere ‘coltivato e alimentato’. Non possiamo fare corsi teorici per insegnare la sinodalità, né dobbiamo cercare un modello teorico ideale o rigidi dispositivi organizzativi. Si cresce nella sinodalità esercitandola, si capisce meglio in che cosa consiste cominciando a lavorare e confrontarsi insieme sulle questioni concrete delle nostre comunità. Ciò che si è cercato di fare a Firenze è proprio questo: avviare un esercizio di sinodalità”. E proprio questo esercizio “è voluto essere un esercizio di discernimento con precisi criteri, già indicati nell’invito al Convegno: la verità, ossia il non avere paura di guardare la realtà delle nostre Chiese, dei nostri territori, della società in cui viviamo; la complessità, ossia la bella fatica di cogliere la pluralità di elementi che concorrono a determinare la realtà, lontano da banali semplificazioni; la speranza, ossia il leggere la realtà nella sua complessità nella consapevolezza credente che lo Spirito è all’opera; la progettualità, che è tensione pratica a diffondere il bene”.

“Da Firenze – conclude Galantino – il lavoro dei gruppi ha messo in luce diverse linee che vanno tradotte in impegni, che a loro volta chiamano in causa la progettualità delle diocesi e di tutte le realtà ecclesiali. C’è sempre un grande ostacolo alla progettualità: il pretendere risultati immediati con poca fatica. La progettualità invece comporta la fatica di scegliere, di lasciare da parte alcune cose, di osare il nuovo. Il metodo sperimentato a Firenze vuole essere una mappa di riferimento per una creatività intelligente e appassionata delle nostre comunità, sostenuta da una umiltà coraggiosa”.

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