A distanza di settant’anni, dal Giappone arriva uno storico risarcimento nei confronti della Corea del Sud, per la controversia delle “donne conforto”.
La questione, aperta dal 1965, si è risolta in questi giorni, con lo stanziamento di 1 miliardo di yen (circa 8,3 milioni di dollari) a beneficio delle sopravvissute tra le “schiave del sesso” coreane per i soldati nipponici durante la colonizzazione (1910-1945).
Per l’occasione, il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha espresso le proprie “scuse di cuore”, a nome del suo paese. Da parte sua, il ministro degli esteri sudcoreano, Yun Byung-se ha dichiarato: “Abe, come primo ministro del Giappone, offre di cuore le sue scuse per tutti coloro che hanno subito molto dolore e ricevuto ferite che sono difficili da curare, sia dal punto di vista fisico che mentale”.
Secondo i coreani, negli anni della dominazione giapponese, almeno 400mila loro connazionali erano state rapite con la forza o con l’inganno e costrette a lavorare nei bordelli del Sol Levante o delle basi militari nipponiche sparse in tutta l’Asia. Secondo i giapponesi si era trattato di un traffico di esseri umani, limitato a non più di 40mila donne e portato avanti da privati e non da ufficiali dell’esercito o governativi.
La questione è tornata d’attualità, anche in occidente, quando nell’agosto 2014, durante la sua visita pastorale in Corea del Sud, papa Francesco ha incontrato alcune sopravvissute al drammatico fenomeno.
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