DIOCESI – “Siamo al termine di un anno che il Signore nella sua bontà ci ha donato di vivere: a Lui dobbiamo esserne grati. La nostra presenza a questa celebrazione questa sera vuole essere un atto comunitario di profondo ringraziamento a Colui che è datore di ogni bene.” Con queste parole il Vescovo Carlo Bresciani ha spiegato il significato del “Te Deum”, il tradizionale canto di ringraziamento a conclusione dell’anno civile, inserito nei primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, presieduti giovedì 31 dicembre nella Cattedrale Madonna della Marina.
Il Vescovo Bresciani ha poi proseguito: “Quando si chiude qualcosa, così come quando chiudiamo la nostra giornata davanti al Signore, siamo portati a fare un bilancio di quello che è stato, di quanto abbiamo raggiunto (gli economisti lo chiamano bilancio consuntivo) e di quanto ci resta da fare (bilancio di previsione). La prima cosa che dobbiamo fare è quella di mettere l’uno e l’altro nelle mani del Signore e riconoscere che senza di Lui nulla avremmo potuto fare e nulla potremo fare in futuro. Cionondimeno, siamo consapevoli che spetta a noi mettere a frutto quanto ci è donato, lo dobbiamo per noi stessi e per coloro con i quali condividiamo l’avventura di questa meravigliosa vita. Anche il dono migliore, se non trova buona terra, non produce frutto, resta sterile.
Nell’anno che abbiamo alle spalle ci è stata data in abbondanza la Parola di Dio. Voleva essere la Luce di Dio per i nostri passi, così da rischiarare le nostre incertezze e le nebbie dei nostri dubbi, sempre in agguato nelle alterne vicende della nostra vita. Essa ci ha indicato la meta verso la quale dobbiamo camminare, ma è spettato a noi percorrere la strada verso quella meta, illuminati dalla sapienza della sua Parola.
Dio ha continuato a donarci i sacramenti della fede per sostenerci nelle fatiche di un cammino che si scontra, innanzitutto, con le nostre debolezze e con le fragilità che tutti portiamo dentro di noi e, poi, con le avversità e le asperità del cammino. Il pane del cammino, quello eucaristico, ci ha accompagnato nella fatica del dono quotidiano di amore cui siamo stati chiamati.
Abbiamo goduto del dono di quel corpo di Cristo che è la Chiesa che ci ha sostenuto con la sua preghiera e con la sua vicinanza nei momenti felici e incoraggiamento nei momenti tristi che abbiamo attraversato.
Abbiamo incontrato spesso Cristo che ci veniva incontro nel povero o nell’immigrato che chiedeva aiuto. L’aiuto l’abbiamo dato, anche con generosità talora sorprendente, ma, forse, non sempre siamo stati capaci di vedere Lui – Gesù – in questi nostri fratelli, perché troppo chiusi nel godimento del nostro benessere, considerato solo come benessere da difendere invece che da condividere con chi è più bisognoso. A volte ci siamo sentiti anche impotenti, senza possibilità di dare risposta adeguata a tanti bisogni urgenti, e talora il nostro aiuto forse non è stato neppure compreso nel giusto senso da chi lo ha ricevuto.
Molti sono stati i doni con i quali Dio ha accompagnato l’anno che chiudiamo, sarebbe troppo lungo anche solo tentare di ricordarli tutti. Talora, troppo attenti a quello che ancora ci manca, non siamo stati in grado di apprezzare sufficientemente ciò che ci è stato dato e che di fatto abbiamo, e non è poco. Per questo ce ne siamo lamentati più del necessario e, insoddisfatti, non siamo stati capaci di godere e di fare tesoro di quanto abbiamo, ed è molto, non solo dal punto di vista materiale, ma anche relazionale e spirituale.
Certamente non sono mancati momenti di sofferenza e di difficoltà nelle comunità e nelle famiglie dovuti a malattie o lutti, oppure a incomprensioni, a permalosità, ad arrivismi, a risentimenti o a pretese ingiustificate che hanno reso le relazioni difficili e forse hanno portato a dolorose rotture, ferite e tensioni che tardano a risanarsi. Consegniamo tutto nelle mani di Dio e, se non è possibile ristabilire subito le relazioni esteriori irrimediabilmente frantumate, riconciliamoci almeno interiormente con tutti, perdonando e chiedendo perdono per tutto quanto fosse dipeso da colpa nostra.
Per questo papa Francesco ci ha donato un Giubileo della Misericordia, che anche noi abbiamo iniziato aprendo la bella porta santa della nostra cattedrale: è stato un momento di straordinaria intensità della nostra Chiesa diocesana, che porto dentro di me come ricordo confortante e di cui sono profondamente grato al Signore e a voi.
L’anno Giubilare, che continuerà nel 2016 e così avremo modo di celebrarlo con i diversi gruppi e le diverse categorie, è un invito forte per tutti noi ad essere misericordiosi come il Padre che dona addirittura suo figlio Gesù per venire incontro alle nostre povertà materiali, morali e spirituali. Papa Francesco ce lo ripete in continuazione: dobbiamo riscoprire la misericordia e la tenerezza di Dio, quella che Egli dà a noi innanzitutto per poi diventare a nostra volta misericordiosi come Lui nei confronti delle fragilità dei fratelli che incontriamo, a partire da quelli che fanno parte delle nostre famiglie e delle nostre comunità.
Questa sera mettiamo tutto nelle mani di Dio: sappiamo che il tempo non è nelle nostre mani, ma anche che è sempre tempo di grazia che ci porta più vicini all’incontro con Lui. Sappiamo che è stato tempo fecondo, pur tra ombre talora dolorose anche per la nostra amata Chiesa cattolica. Mentre lo ringraziamo del tempo che ci ha dato, gli siamo grati anche del tempo che ancora ci vorrà donare. Soprattutto gli chiediamo che ci sostenga con la sua Parola, con i suoi sacramenti e con la vicinanza della sua Chiesa, così che possa essere per tutti noi tempo ricco di opere buone ispirate da fede sincera, sempre più capaci di ricostruire ponti là dove la debolezza umana ha scavato fossati o dove l’incomprensione e la prevaricazione della forza sembra invocare la violenza illudendosi che sia l’unica risposta possibile.
Carissimi, buona fine anno e felice anno nuovo nella grazia del Signore Gesù che viene a salvarci. La sua grazia sia la nostra forza, sempre!”