Leggere tutti i giorni “un brano del Vangelo per conoscere meglio Gesù, per spalancare il nostro cuore a Gesù. Così possiamo farlo conoscere agli altri”. Lo ha affermato tante volte Papa Francesco: la frequentazione quotidiana delle pagine del Vangelo, “da tenere sempre in tasca o nella borsa”, “ci aiuta a vincere il nostro egoismo” e “a seguire il Maestro”. Ma come leggerlo? “Tenendo fisso lo sguardo” sul Signore, per “immaginarmi nella scena e parlare con lui”. Sin da quando è diventato “vescovo di Roma”, come ama dire, Jorge Mario Bergoglio ha ripetuto questo invito: lo ha confermato all’Angelus del 3 gennaio, e più volte vi era tornato nel corso del 2015, dal pulpito di Santa Marta (si pensi alla splendida meditazione sul “Vangelo a portata di mano” del 3 febbraio scorso), nelle udienze generali e anche mediante twitter. Perché tanta insistenza? “La Parola delle Sacre Scritture è viva ed efficace, se letta con atteggiamento di fede ci fa giungere a un incontro contemplativo con il Dio vivente e porta frutto nella vita – sostiene Rita Pellegrini, biblista, docente di Teologia all’Università Cattolica di Milano –. In particolare il Vangelo è la parola del Padre sulle labbra del Figlio e chi l’ascolta e l’accoglie, giunge a fare un’esperienza luminosissima di Dio”. Come fedele ambrosiana, Pellegrini è cresciuta “alla scuola del cardinal Martini”, gesuita come Papa Francesco, anch’egli “innamorato della Parola”: “l’arcivescovo ci ha insegnato ad amarla – specifica la biblista – attraverso la lectio divina che è una lettura spirituale, cioè guidata dalla forza dello Spirito Santo, che impegna tutte le facoltà dell’uomo, il cuore, gli affetti, i sentimenti e l’intelligenza. Leggendo le Scritture e in particolare i vangeli, si può arrivare a vivere un’esperienza spirituale, incontrando Dio mentre ci parla”.
Il Papa ha più volte esortato i fedeli a leggere una pagina di Vangelo tutti i giorni. Ma per un laico – un lavoratore, una mamma o un papà, uno studente, una persona impegnata a livello sociale – spesso sembrano mancare persino quei dieci minuti al giorno per pregare…
Questo il Papa lo sa. È un pastore con una lunga esperienza in mezzo alla gente, conosce i ritmi della vita d’ogni giorno. Al contempo
egli intuisce che nell’uomo c’è un profondo desiderio di Dio.
Da qui nasce la forte esortazione alle donne e agli uomini di oggi, ai fedeli laici, perché possano coltivare, incontrare la fecondità, la ricchezza, la forza del Vangelo. Si tratta di una parola viva, capace di sostenerci, consolarci, guidarci e che ci rende capaci di operare in modo evangelico lì dove viviamo.
Ma non occorre una preparazione specifica per una lettura consapevole della Bibbia?
Tanti sono gli strumenti che ci permettono di comprendere correttamente il testo sacro, ma è soprattutto importante che le Sacre Scritture vengano accostate con lo stesso atteggiamento di fede che si ha nei confronti dell’Eucaristia, perché in esse è presente il mistero di Dio che si rivela agli uomini. Infatti
il Concilio Vaticano II afferma, nella Dei Verbum, che i testi biblici sono degni della stessa venerazione che la Chiesa attribuisce al Corpo di Cristo.
È un’esperienza di contemplazione possibile a tutti: attraverso le belle pagine del Vangelo Gesù parla a ciascuno. In Lui, Dio parla a noi! Certo, occorre leggere con un atteggiamento spirituale. Il tempo che riusciamo a ritagliare per il silenzio e la preghiera ci porta, adagio adagio, ad affezionarci alla Parola. Dopo di che saremo noi stessi a cercarla, a sentire il desiderio di accostarla, conoscerla, custodirla, cullarla dolcemente nel cuore perché produca in noi il suo frutto.
Pagine che diventano vita?
Le Scritture non “dicono” semplicemente, non hanno solo una valenza informativa: ma fanno, realizzano, attuano. Esse sono insieme verità e potenza. Non si accontentano di ammaestrare; operano e rendono capaci di operare. C’è, a mio avviso, una “circolarità” tra la Parola letta, compresa, pregata e vissuta: la Parola del Signore è destinata a trasformare la nostra vita. I suoi frutti sono la trasformazione del nostro cuore. Credo che Papa Francesco ci voglia dire tutto questo.
Bergoglio è un pontefice “popolare”, che “si fa capire”, come dicono in tanti…
Papa Francesco è un grande predicatore della Parola al popolo. Talvolta il suo messaggio viene semplificato; in realtà dietro la figura pubblica, giustamente amata, c’è un’altissima levatura spirituale, una essenziale dimensione profetica. Il profeta è colui che sa leggere nei cuori: il Papa comprende e ci insegna che ciascuno ha bisogno di essere amato, perdonato e che abbiamo un immenso bisogno di misericordia. L’Anno santo va in questa direzione di ascolto, di accoglienza, di comprensione e benevolenza.
Da Francesco arriva una precisa indicazione, un invito alla consuetudine con il Vangelo. Le comunità aiutano i fedeli a intraprendere questo cammino?
Chi vive questo atteggiamento di vicinanza alla Parola, di preghiera e contemplazione, lo trasmette con la propria vita. Questo vale anche per le nostre parrocchie.
C’è, ad esempio, un modo di celebrare l’Eucarestia, di proclamare le letture sacre, di alternare un silenzio orante e l’esplosione del canto, dove si intravvedono preghiera e gioia. L’assemblea lo percepisce, la gente lo avverte. Poi la Parola, accostata nella liturgia, deve diventare carne, dev’essere vissuta, testimoniata. Le comunità cristiane dovrebbero risplendere di questi doni, trasformandoli in esperienza di carità, accoglienza, impegno nella vita di ogni giorno. È lo stesso Papa Francesco ad affermare che lettura della Parola e preghiera nella contemplazione “ci aiutano nella speranza” e “ci insegnano a vivere nella sostanza del Vangelo”.