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M. Assunta Bassetti: “Come voi, sono un componente del Consiglio Parrocchiale Affari Economici (di seguito più brevemente CPAE), anche se già in carica da un anno. Penso di non sbagliare molto se affermo che siamo qui perché abbiamo tutti liberamente accettato di essere consiglieri del CPAE della nostra Parrocchia. Una scelta, quindi, consapevole e cosciente che merita una riflessione su: cosa dobbiamo fare, come lo dobbiamo fare e a quale fine.
Cosa dobbiamo fare
Ciò che dobbiamo fare è aiutare, in qualità di Laici Esperti nei diversi settori ed in particolare in quello giuridico, economico e tecnico, il nostro Parroco nella retta e trasparente amministrazione della Parrocchia, attraverso il disbrigo delle molteplici attività connesse alla gestione della stessa.
Fine Materiale
La finalità è quella di tutelare e salvaguardare i beni parrocchiali.
Come
Per poter svolgere correttamente il nostro compito è necessario conoscere, o almeno sapere, che ci sono delle norme che regolano l’attività amministrativa della Parrocchia, le c.d. fonti del diritto amministrativo-patrimoniale.
In questa sede cercherò di ricordare le principali, tanto per non dimenticare che la nostra attività è guidata da esse e ad esse deve fare costante riferimento:
- il diritto canonico, con riferimento alle persone giuridiche (cann. 113-123); agli atti giuridici (cann. 124-128); alla Curia diocesana (cann. 469-494); alle Parrocchie e ai Parroci (cann. 515-552); ai beni temporali della Chiesa (cann. 1254-1258); all’acquisto dei beni (cann. 1259-1272); all’amministrazione dei beni (cann. 1273-1289); ai contratti (cann. 1290-1298); al CPAE (can. 1280);
- la normativa della CEI, con particolare riguardo all’Istruzione in Materia Amministrativa (in seguito per brevità IMA) promulgata il 1° settembre 2005;
- la legislazione canonica regionale e quella diocesana, con attenzione massima al recente decreto del Vescovo della nostra diocesi n. 25 del 6 giugno 2015;
- la restante legislazione statale, in particolare quella civilistica e tributaria, per le attività diverse da quelle religiose e di culto, nonché quella pattizia (accordo di revisione del Concordato lateranense del 18 febbraio 1984).
Fine morale
Conoscere ed osservare le norme ci mette non solo a riparo da azioni sconsiderate, imprudenti o rischiose, ma ci dà la possibilità di operare correttamente con metodo, chiarezza e trasparenza, senza sovrapposizione di ruoli, ma anche, e soprattutto, ci permette di offrire un’immagine credibile, onesta, affidabile della Parrocchia e quindi della Chiesa, riguardo a coloro che sono al di fuori della Parrocchia e della Chiesa stessa.
Poiché in questa sede non è possibile esaminare tutte le norme, cercherò di fissare alcuni concetti chiave, utili per orientare la bussola della nostra azione.
La parrocchia
La Parrocchia, che gode di personalità giuridica, è un ente ecclesiastico, civilmente riconosciuto (accordo 18 febbraio 1984 e legge 20 maggio 1985 n. 222).
Il patrimonio
La Parrocchia ha un patrimonio, cioè dei mezzi che le consentono di perseguire il fine stabilito (beni immobili, mobili e storico-artistici) che vanno amministrati.
Il parroco
Il Parroco è il legale rappresentante (can. 532) ed amministratore unico (can. 1279 § 1) della Parrocchia. Ha una responsabilità personale che non può demandare ad altri, limitandosi, ad esempio a ratificare le decisioni prese dal Consiglio Pastorale Parrocchiale (di seguito per brevità CPP) o dal CPAE. La sua responsabilità è globale, cioè abbraccia tutte le attività della Parrocchia.
Responsabilità
Il Parroco esercita tale responsabilità sotto l’autorità del Vescovo diocesano, onestamente e fedelmente (can. 1283, 1°), in nome della Chiesa, a norma del diritto (can. 1282) e con la diligenza del buon padre di famiglia (can. 1284 § 1 – IMA, n. 102).
Quindi, se è evidente che il Parroco determina la volontà dell’ente parrocchia ed impegna giuridicamente la Parrocchia nei rapporti con i terzi, è, altresì, chiaro che non è tenuto ad avere competenze giuridico, tecniche ed economiche; queste ultime, infatti, sono poste dall’ordinamento in capo ad un soggetto diverso dal Parroco, e precisamente ad un organismo collegiale: il CPAE di cui il Parroco è Presidente.
Ora, sebbene il criterio di scelta dei componenti del CPAE deve essere quello del possesso di conoscenze in ambito giuridico-economico (can. 492 § 1 e IMA, n. 26) o in base alla verifica che siano veramente esperti nei settori economico, giuridico e tecnico (art. 4 statuto CPAE), i componenti devono essere prima di tutto christifideles, cioè chiamati a svolgere un servizio (gratuito) onestamente e con riferimento a principi di ordine specificamente ecclesiale (art. 4 Statuto CPAE).
Funzione CPAE
Ma quale esattamente la funzione da svolgere?
Tenuto conto delle competenze del Parroco che sono di natura decisoria, sicuramente il CPAE svolge una funzione CONSULTIVA e non deliberativa, ma obbligatoriamente consultiva per il Parroco, e, nel concreto, veramente vincolante.
il Parroco, Infatti, non può discostarsi dal parere del CPAE se non per gravi motivi.
Questo ci aiuta a capire che nessuno di noi può nascondersi dietro la considerazione che si tratta di una “mera funzione consultiva” e, quindi, pensare che il nostro compito inizia e finisce unicamente nell’andare alla riunione, ascoltare, dare il proprio parere come fosse una semplice opinione e tornare la volta successiva. Non siamo opinionisti. Il nostro deve essere un coinvolgimento totale, fattivo e costante nelle molteplici attività che caratterizzano la nostra Parrocchia. Noi dobbiamo non solo aiutare ma, con le nostre competenze, sostenere, proteggere e difendere il nostro Parroco, da possibili scelte tecnicamente errate, perché lui rappresenta la nostra Parrocchia, la nostra comunità, tutti noi e noi la Chiesa. Siamo chiamati a condividere la responsabilità dell’intera comunità parrocchiale, come tanti piccoli, piccolissimi cirenei.
COMPITI CPAE
Quali nel dettaglio i compiti da esercitare?
Quelli stabiliti dall’art. 3 del nuovo Statuto del CPAE, entrato in vigore il 20 ottobre 2015 e con le modalità di cui all’art. 7.
La variegata TIPOLOGIA dei compiti si rinviene dai verbi: predisporre (bilancio preventivo), esprimere pareri (rendiconto, atti di straordinaria amm.ne, utilizzo proventi), controllare e verificare (associazioni e gruppi), collaborare (amministrazione dei proventi), vigilare (manutenzione della Chiesa), curare (stipula contratti, aggiornamento stato patrimoniale, archiviazione), provvedere (spese necessarie, remunerazione Parroco e vicari), suscitare iniziative (partecipazione fedeli e reperimento mezzi finanziari) e far conoscere (consuntivo annuale ed ogni attività debitoria).
STRUMENTI
Con quali strumenti?
- I libri obbligatori (IMA, n. 111)
- I libri contabili richiesti dallo Stato (IMA, n. 112)
- I registri (prima nota, contabilità per raggrupparli, registro dei verbali delle riunioni) (art. 13 Statuto CPAE)
- l’inventario dei beni e beni culturali (IMA, n. 113)
ORDINARIA E STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE
Per poter adempiere correttamente ai nostri compiti è, altresì, necessario aver ben chiari i concetti di ordinaria e straordinaria amministrazione.
Il codice di diritto canonico non identifica con puntualità quali atti devono essere considerati di ordinaria amministrazione, ma stabilisce che quelli eccedenti l’ordinaria amministrazionene siano puntualmente determinati dal Vescovo diocesano, sentito il CPAE diocesano.
La CEI ha fornito delle indicazioni, individuando una serie di atti che ciascun Vescovo è tenuto ad inserire nel proprio decreto (IMA, n. 66). Il nostro Vescovo diocesano il 6 giugno 2015 ha emanato il DECRETO n. 25 di determinazione degli atti di straordinaria amministrazione per le persone giuridiche a lui soggette. Dunque, un atto dovuto, un atto che bisognava adottare.
Il decreto n. 25/2015 prevede ed elenca n. 20 tipologie di atti ritenuti di straordinaria amministrazione per la nostra Diocesi. Nell’invitarvi a leggerlo con molta attenzione, desidero, in questa sede, richiamare l’attenzione sul terzultimo capoverso che recita: “Per tutti gli atti suddetti, affinché siano posti validamente, è necessaria l’autorizzazione scritta dell’Ordinario diocesano”;
Mi preme sottolineare che il nostro Vescovo, ponendo questo vincolo, ha dato semplicemente attuazione al can. 1281 che prevede: “Ferme restando le disposizioni degli statuti, gli amministratori pongono invalidamente atti che oltrepassano i limiti e le modalità dell’amministrazione ordinaria, a meno che non abbiano ottenuto prima permesso scritto dall’Ordinario” .
In sintesi: l’ordinamento canonico lascia, da una parte, la libertà e la competenza al Parroco di porre in essere atti di straordinaria amministrazione ma gli impone, a pena di nullità che l’atto eccedente l’ordinaria amministrazione sia sottoposto alla preventiva autorizzazione dell’ordinario diocesano. Questa SANZIONE DI INVALIDITA’ ha efficacia anche nell’ordinamento civile in forza della legge 20 maggio 1985, n. 222.
Immaginiamo ora un caso concreto e supponiamo che il Parroco debba contrarre un debito al di sopra di € 5.000 oppure effettuare dei lavori di straordinaria manutenzione presso la Chiesa, di valore superiore a € 5.000. Dovrà convocare prima il CPP poi il CPAE. Questi ultimi potranno eventualmente esprimere un parere motivato contrario, da parte di uno o di alcuni. Copia dei due verbali va allegata alla richiesta di autorizzazione che deve essere ben motivata e sottoscritta dal Parroco, ma anche munita delle firme dei membri del CPAE.
Il provvedimento di autorizzazione dell’ordinario diocesano, come si rinviene nell’IMA, n. 60, deve essere adottato entro tre mesi dalla presentazione dell’istanza ed emanato per iscritto. Scaduto il termine di tre mesi, senza che l’autorità abbia provveduto, la risposta si presume negativa (can. 57).
Qualora il Parroco proceda senza autorizzazione, l’obbligazione così assunta va considerata come fatta a titolo personale e non per conto della Parrocchia, quindi il pagamento non potrà essere effettuato con le entrate della Parrocchia ma dovrà essere assolto con le disponibilità economiche personali del Parroco.
NOVITA’ INTRODOTTE
Nell’avviarmi alla conclusione, desidero porre in rilievo lo spessore e l’importanza delle novità introdotte dal decreto n. 25/2015 e dal nuovo statuto del CPAE:
- la completa ed esaustiva previsione di tipologie di atti di straordinaria amministrazione soggette ad autorizzazione, rispetto a quelle ritenute imprescindibili dall’IMA, n. 66 (e successive delibere);
- l’acquisizione preventiva, per gli atti di straordinaria amministrazione, del parere del CPP (prima era previsto solo quello del CPAE);
- la trasmissione dei due verbali degli organi collegiali in allegato alla richiesta di autorizzazione;
- la firma di tutti i membri del CPAE nelle richieste di autorizzazione per gli atti di straordinaria amministrazione, prima a firma solo del Parroco;
- l’obbligatorietà’ del bilancio di previsione, prima solo facoltativo;
- una più puntuale azione di controllo e verifica sulla amministrazione di associazioni e gruppi parrocchiali, attraverso i rendiconti e, se trattasi di attività commerciali, anche attraverso i bilanci di previsione;
- l’obbligo per associazioni ed istituzioni parrocchiali, con autonomia amministrativa, di depositare il denaro contante su c/c e/o di deposito intestati alla Parrocchia;
- la possibilità per il Parroco di sostenere spese non previste per bisogni urgenti, relativamente alla sola ordinaria amministrazione, sino a 1000 € al mese, con informazione successiva al CPAE;
- la firma dell’Ordinario diocesano sui c/c e/o di deposito intestati alla Parrocchia, disgiuntamente a quella del Parroco.
Da una prima e fugace lettura si può pensare che il Parroco sia stato blindato o messo in amministrazione controllata. Ma è solo da un attento esame che si comprende come si sia solo venuti in suo aiuto. I diversi soggetti che interagiscono con il Parroco: CPP, CPAE e Ordinario diocesano, pur nella diversità delle funzioni, hanno tutti l’obiettivo di condividere con lui una comune responsabilità morale. Ci troviamo di fronte ad una fraterna collaborazione, nel quadro di una comunità gerarchicamente ordinata.
Sono, altresì, convinta che queste innovazioni sono la proposta concreta, da me particolarmente condivisa, di passare da una amministrazione, in alcuni casi, di tipo spontaneo, ad un’altra di tipo programmatorio dove lo sforzo nell’adozione di metodi e procedure chiari, corretti e sistematici rende trasparenti e verificabili tutte le azioni e le scelte amministrative, e, soprattutto, costituisce un valido strumento per poter dimostrare l’onestà degli amministratori, oltre che essere una concreta forma di rispetto nei confronti della comunità che offre i beni amministrati.
Concludo facendovi partecipi della mia esperienza personale presso la Parrocchia di Cupramarittima, iniziata circa un anno fa. Molti di voi sapranno che avevamo ed abbiamo una forte esposizione debitoria. E’ grazie ad un CPAE, composto da vecchi e nuovi consiglieri, che si sono integrati benissimo fra loro, di un CPAE caratterizzato da un gruppo di persone coese e laboriose, che sono diventate anche amiche, da un Parroco di ieri che si è affidato a noi e da un Parroco di oggi che si fida di noi che sono stati raggiunti risultati inaspettati.
Sicuramente lo Spirito Santo ci ha guidato nelle giuste scelte e la Madonna che scioglie i nodi (abbiamo fatto la novena durante l’estate) è venuta in nostro soccorso districando una complicata matassa. Questo per suggerirvi di accompagnare sempre ogni azione con la preghiera!
E se ce l’abbiamo fatta noi…..sicuramente ce la farete anche tutti voi.
Buon lavoro a tutti”.