DIOCESI – Sono 800 i “Missionari della Misericordia”, nominati “esclusivamente dal Papa” e ai quali “personalmente verrà data facoltà di perdonare i peccati riservati.
Tra loro è stato nominato Don Ulderico Ceroni che per l’occasione abbiamo intervistato
-Don Ulderico cosa sognavi di fare da bambino? Come è nata la tua vocazione?
“Fin da bambino, per quanto ricordo, ho sognato di essere prete e di donare la mia vita a Dio e alla Chiesa. Frutto della testimonianza e dell’esempio di mio padre e di mia madre che mi hanno trasmesso un amore semplice e profondo al Cuore di Gesù e di Maria cui la mia famiglia era consacrata! Ricordo che al centro della sala da pranzo e di vita comune era posta una mensola con il Sacro cuore di Gesù e di Maria, sempre con fiori freschi e con un lume acceso, davanti al quale si pregava insieme il Rosario soprattutto nel mese di Maggio. Ricordo che organizzavo io stesso, quasi per gioco, liturgie radunando miei coetanei e ragazzi del quartiere, inventando spettacoli e teatrini per raccoglierli. Giocavo insomma a fare il prete. Quando, a sette anni il 25 marzo del 1959, mi accostai per la prima volta alla mensa del Signore ricevendo dalle mani del mio Parroco Don Marino Ciarrocchi, nella Chiesa della Ss. Annunziata in Porto d’Ascoli l’Eucaristia, promisi a Gesù di custodirlo sempre nel mio cuore e di riceverlo ogni giorno nella Messa. Da quel giorno in poi, fino ad oggi, non ho mai smesso di nutrirmi di Lui, prima come chierichetto poi come prete. In quinta elementare chiesi a mio padre di poter entrare in seminario. Mi rispose di attendere e di maturare la mia vocazione ed identità umana (pensava che crescendo avrei smesso di “giocare a fare il prete”, ero l’unico figlio maschio!) e di frequentare la scuola Media Gabrielli a San Benedetto.
Alla fine della terza media, il 15 aprile del 1966 durante l’anno santo straordinario del fine Concilio Vaticano II, mentre andavo con il mio Parroco Don Teodoro Galanti a benedire le famiglie per la Pasqua, era un venerdì quel giorno, il mio babbo Remo muore per un infarto al miocardio. Quanto dolore avvolse il mio cuore! Ma sostenuto dalla fede e dall’amore tenerissimo di mia mamma Luisa ritrovai serenità, aiutato anche dal mio Parroco che il 22 giugno dello stesso anno muore di tumore. Altro dolore mi piomba addosso! Poi venni a scoprire che Don Teodoro (al quale avevo confidato la mia volontà di diventare prete) sul letto del suo dolore aveva pensato a me lasciandomi erede di una piccola rendita per aiutare mia madre a sostenere la retta del Seminario. A fine settembre del 1966 accompagnato da mio nuovo Parroco Don Angelo Volponi e dalla mia mamma entrai nel Seminario Vescovile di Ripatransone e sotto la guida di Mons. Giuseppe Illuminati rettore, di Don Antonio Capriotti vicerettore e Don Ugo Capriotti padre spirituale, cominciai il mio cammino formativo per plasmare il mio cuore e la mia umanità a servizio di Dio e della Chiesa. Ma il dolore continuava bussare alla porta del mio cuore. Nella primavera del 1967 mamma Luisa si ammala di tumore mammario. Dopo una lunga ed estenuante lotta fatta di operazioni, terapie e dolore, il tutto acutizzato dalla consapevolezza di lasciare due figli orfani, me e mia sorella Floriana di tre anni più giovane, mia madre muore tra le mie braccia il 22 novembre del 1968. Avevo appena iniziato il Liceo nel Seminario Regionale Pio XI di Fano (PS). Si annientò dentro di me fede, speranza, sogni, progetti, amore e vita. Il “dio” che poi era il mio idolo e la proiezione dei miei sogni infranti della mia fanciullezza, fu distrutto dalla ribellione e da un dolore infinito che mi possedeva il cuore chiudendolo per quasi un anno intero dentro una tomba oscura fatta di lacrime profonde e segrete, da apatia spirituale, da voglia di morire, da incomprensioni da parte dei superiori e parenti. Vivevo ore solitarie e notturne davanti al tabernacolo gridando, anzi urlando nel mio cuore tutta la mia rabbia e il mio dolore … lì davanti a Gesù, nel silenzio più profondo del mio cuore adolescente ho sentito e sperimentato tutta la sua presenza e la sua tenerezza di padre, fratello, amico, … tutto, tutto ciò che non avevo più! Lui e solo Lui ha saputo asciugare le mie lacrime, fasciare il mio cuore e prendendomi per mano piano piano mi ha fatto dono del suo cuore! Mi sono innamorato di lui ed ho iniziato a cercarlo ovunque e in chiunque potesse farmi sentire il suo profumo. Affascinato dalla sua parola e dalla sua bellezza non ho smesso di cercarlo e lo cerco ancora perché il mio cuore non è mai sazio di Lui! In questo periodo incontrai per la prima volta a tu per tu il mio Vescovo Mons. Vincenzo Radicioni al quale aprii tutto il mio cuore. Egli comprese la mia sofferenza e lesse nel profondo del mio animo l’opera d’arte che Dio stava scolpendo col martello della mia storia personale. Egli volle trasferirmi nel Seminario Arcivescovile di Fermo dove periodicamente veniva a trovarmi. Da lì iniziai anche con l’aiuto di Don Filippo Collini (mio professore di Religione nella scuola Media Gabrielli) che mi accolse in Parrocchia San Pio X a maturare la mia fisionomia pastorale.
Terminai il Liceo a Fermo e sempre nell’Istituto Teologico di Fermo iniziai la mia formazione teologica (che poi ho arricchito ulteriormente nel conseguimento della Licenza in Teologia con specializzazione dogmatico-sacramentaria nel 2004 al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo in Roma). Il 7 aprile 1977, era giovedì santo, durante la messa Crismale, Mons. Radicioni mi ordinò Diacono nella Parrocchia di San Filippo Neri e l’8 ottobre, giorno del suo compleanno, mi ordinò Presbitero nella pienezza del mio cuore riempito dall’affetto e dall’amore di cento padri, fratelli, sorelle e madri (la Chiesa).
-Come è cambiata la Chiesa da quando sei diventato sacerdote?
Ho cercato in questi 38 anni di presbiterato di dare sempre il meglio del mio cuore innamorato di Gesù e della Chiesa con tutta la mia fatica di uomo che continua a stupirsi e meravigliarsi di come Dio possa attraversare con dolcezza, delicatezza e rispetto la vita di ogni uomo, deponendovi sempre e solo amore, misericordia, perdono, vita nuova … Ho imparato ad essere l’“amico dello Sposo” che come “il discepolo amato”, reclina il capo sul petto di Cristo e conosce tutti i segreti del suo cuore e del suo amore nuziale, per preparare la Chiesa-sposa e condurla al suo Sposo. Come prete e “amico dello Sposo” ho cercato di preparare, attraverso la carità pastorale, l’abito nuziale e nutrire la diletta “Sposa dell’Agnello” alla mensa della Parola e dell’Eucaristia perché possa già fin d’ora pregustare l’amor exuriens, in attesa di consumare l’amor fruens che sarà pienezza di godimento quando la Chiesa-sposa verrà introdotta nel talamo delle nozze eterne.
Ciò che ha animato e guidato la mia vita di presbitero ed ha manifestato la mia identità davanti alla Chiesa-sposa è quella “carità pastorale” o “carità sponsale” attraverso la quale sono stato consegnato come sacramento di Cristo-sposo (Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Pastores dabo vobis, n. 23).
– Come hai accolto la nomina a “Missionari della Misericordia”?
Ho accolto con timore, stupore e gioia grande il servizio di “Missionario della Misericordia” che riceverò per mandato Pontificio insieme ad altri 800 presbiteri di tutto il mondo il prossimo Mercoledì delle Ceneri.
Sono grato al mio Vescovo Carlo che ha proposto al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione la mia persona e mi ha donato alla Comunità per questo servizio.
– Quale servizio ti attende?
Questa diaconia alla Chiesa mi stimolerà maggiormente ad essere predicatore e cantore della Misericordia di Dio e ad essere per i miei fratelli penitenti e peccatori confessore della tenerezza del Padre ricolmo di misericordia. Inoltre riceverò da parte del Santo Padre la facoltà di perdonare i peccati riservati alla Sede Apostolica e mi impegnerò a tradurre con il mio semplice servizio il segno della vicinanza e del perdono di Dio per tutti. È l’Eucaristia indubbiamente il sacramento che annuncia e costruisce la Chiesa come Corpo di Cristo e realizza l’incorporazione con lui e tra di noi fino al compimento dell’amore. Allora mi impegnerò a dare più bellezza e qualità alle celebrazioni liturgiche che presiederò cercando di consegnare ai fratelli cristiani una Chiesa che annuncia e traduce il linguaggio di Dio che in Gesù è il linguaggio della tenerezza, della misericordia, dell’accoglienza e del perdono e che pone al centro l’uomo, tutto l’uomo, ogni uomo il quale è e rimane l’oggetto primario del suo amore e della sua infinita Misericordia.
I “Missionari della Misericordia” dovranno essere:
1. Segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in cerca del suo perdono.
2. Artefici presso tutti, nessuno escluso, di un incontro carico di umanità, sorgente di liberazione, ricco di responsabilità per superare gli ostacoli e riprendere la vita nuova del Battesimo.
3. Guidati dalle parole “Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti” (Rm 11,32).
4. Predicatori convincenti della Misericordia.
5. Annunciatori della gioia del perdono.
6. Confessori accoglienti, amorevoli, compassionevoli e attenti specialmente alle difficili situazioni della singole persone.
Benediciamo il Signore che ci ricolma d’amore e ci avvolge con il manto della sua Misericordia!”