530 appuntamenti dal 18 al 25 gennaio, dal Nord al Sud dell’Italia. Celebrazioni ecumeniche, incontri a tema, tavole rotonde sulle sfide del dialogo, momenti di preghiera, veglie, vespri. E’ l’Italia ecumenica che si mobilita per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E’ un calendario fitto di appuntamenti quello stilato, come ogni anno, dal Centro Studi per l’ecumenismo in Italia. I programmi attraversano lo stivale, dalla A della diocesi di Acqui alla V di Vittorio Veneto. E’ un “popolo silenzioso e poco appariscente ma convinto e appassionato”, dice don Cristiano Bettega, direttore dell’ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo.
La partecipazione è ampia: nella programmazione degli eventi sono coinvolte tutte le Chiese cristiane presenti nel nostro Paese dalle Chiese evangeliche pentecostali alle chiese ortodosse, in particolare i patriarcati di Costantinopoli, di Mosca e di Romania, ma anche le chiese orientali più antiche, come gli armeni, i copti, gli eritrei. In prima linea ci sono anche valdesi, battisti, metodisti, avventisti, anglicani e luterani. All’appello hanno risposto Azione Cattolica, Focolari, Sant’Egidio, Taizé. Gli appuntamenti si svolgono non solo nelle grandi cattedrali storiche ma anche le più piccole comunità e parrocchie aprono le porte ai cristiani di tutte le confessioni. Sono coinvolti anche monasteri e istituti religiosi, con una giornata – il 18 gennaio – dedicata in contemporanea e su tutto il territorio nazionale alla preghiera per l’unità.
“La sfida che ci sta davanti – racconta don Bettega – è quella di fare di tutto perché questa convinzione diventi contagiosa e la passione per l’unità delle nostre Chiese non sia relegata ad una nicchia di persone o vissuta in certi circoli ristretti ma attraversi tutta la vita delle Chiese”.
E’ passata la stagione dei “grandi abbracci” come quello storico tra Papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora che fece “sognare” un’intera generazione alla fine degli anni ‘60. Ma oggi le sfide non sono meno urgenti. L’Italia da Paese fino a qualche anno fa, a maggioranza cattolica è diventato terra multietnica e quindi inevitabilmente multiconfessionale.
L’immigrato che bussa alle porte del nostro Paese interpella l’Italia cristiana. Per questo, a Genova, la Chiese cristiane hanno deciso di confrontarsi con il tema dell’immigrazione proponendo un incontro dal titolo
“Ero forestiero e mi avete accolto”.
Anche a Padova giovedì 21 gennaio si parla di migrazioni mentre a Torino le Chiese hanno deciso di devolvere quanto raccolto nei vari incontri di preghiera al progetto “Humanitarian desk”, promosso dalla Federazione delle Chiese evangeliche e dalla Comunità di Sant’Egidio per l’apertura di canali umanitari per aiutare migranti e rifugiati a raggiungere il nostro Paese in tutta sicurezza. Stessa scelta è stata fatta a Venezia dove le offerte saranno destinate all’accoglienza degli immigrati.
Ma il flusso migratorio non è rimasto estraneo alla vita delle Chiese. E’ entrato nelle comunità, soprattutto in quelle ortodosse e protestanti, influenzandone tratti, dinamiche addirittura anche la lingua utilizzata.
E’ cosi che a Parma, martedì 19, si è parlato in una tavola rotonda dei “processi d’integrazione” che si attivano in modo del tutto particolare nelle chiese.
Sempre più numerosi sono gli appuntamenti dedicati ai giovani, segno di un ecumenismo sempre più aperto al nuovo che avanza. Ad Ancona, per esempio, lunedì 18 gennaio la diocesi ha promosso un incontro di conoscenza e amicizia tra giovani di chiese cristiane diverse. A Firenze si è organizzato un “culto con i giovani per i giovani” nella Chiesa luterana. A Genova l’appuntamento per i giovani è venerdì 22 nella Chiesa battista. A Roma un gruppo di studenti dell’Istituto ecumenico di Bossey è atteso al Santuario dei Nuovi martiri e testimoni della fede di S. Bartolomeo all’isola Tiberina e
a Torino sabato 23, si tiene addirittura una “Giornata ecumenica dei bambini” con un laboratorio ed una preghiera ecumenica animata.
“Credo che oggi – dice don Bettega – sia arrivato il tempo di far vivere una esperienza di comunione in cui è possibile sentirsi non solo a proprio agio con chi è diverso, ma addirittura riscoprirsi fratelli nella fede e insieme decidere di fare qualcosa per gli altri”. “L’Italia – aggiunge – è un paese storicamente aperto, generoso, accogliente. Ma è facile farsi influenzare dai fatti di cronaca ed erigere muri di difesa e pregiudizio. Questa miriade di appuntamenti disseminati in tutto il territorio italiano e promossi all’insegna di una preghiera per l’unità dicono al nostro Paese che non è solo auspicabile ma è anche fondamentale aprirsi al dialogo con l’altro perché è rispondere alla provocazione della storia. E i tanti appuntamenti di questa settimana ci dimostrano che tutto ciò è possibile. L’ecumenismo praticato con la preghiera e l’incontro forma persone dal cuore aperto. E non si può oggi essere cristiani se non si è ecumenici”.