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Vescovo Carlo Bresciani ai giornalisti: la comunicazione “richiede molta umiltà, assenza di arroganza, profondo rispetto per le persone”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Pubblichiamo l’omelia del nostro Vescovo Mons. Crlo Bresciani in occasione del Giubileo dei Giornalisti celebrato domenica 23 gennaio :

“Un uomo dal campo in cui Saul e Gionata combattevano porta una triste notizia a Davide: in battaglia il re Saul e suo figlio Gionata sono caduti. Saul odiava Davide, mentre con Gionata c’era una stretta amicizia, nonostante Davide fosse destinato a prendere il trono che per eredità sarebbe toccato a lui, Gionata. Per sé ci si aspetterebbe che Davide sia contento: finalmente colui che lo odiava e voleva ucciderlo è morto e, quindi può finalmente diventare il re di Israele. Ma era il re e come tale unto dal Signore, benché macchiatosi di numerosi peccati, e, dunque, Davide si rammarica e piange per la morte di Saul e intona il lamento funebre per lui e per suo figlio Gionata.

Appare qui un tratto non solo della grandezza d’animo di Davide, vero uomo di Dio, ma anche il tratto fondamentale dell’uomo che deve governare: non gioisce mai del male, capace di perdonare anche colui che ha tentato più volte di ucciderlo, incapace di violenza, anche verbale, nei confronti dell’avversario e senza custodire rancore nei suoi confronti.

Che cosa ci comunica questo lamento di Davide sulla morte di Saul e di Gionata? Il racconto biblico avrebbe potuto fermarsi a questo punto sulle malefatte di Saul, cose già per altro raccontate precedentemente. Avrebbe ripetuto cose vere, ma a che cosa sarebbe servito? Già si sapeva e rimestare nel torbido della sua vita non avrebbe giovato a nulla, se non ad aumentare rancori e divisioni. Le malefatte di Saul non vengono negate, ma vengono messi in rilievo il perdono e gli onori che Davide dà al suo avversario, il riconoscimento che egli attribuisce a lui come re di Israele: piange, infatti, e digiuna per lui. Potremmo dire, in termini moderni, che Davide manifesta qui, oltre alla sua grandezza d’animo che sa perdonare, un forte senso delle istituzioni e di rispetto profondo per coloro che le rivestono. Da questo rispetto dipende l’unità del popolo di Israele.

Possiamo trarre, dalle letture bibliche che sono state proclamate, alcuni insegnamenti che possono valere anche per il Giubileo che, voi operatori della comunicazione sociale state celebrando.

Il primo insegnamento è da individuare nella grande capacità di perdonare che Davide manifesta. Davide si sente egli stesso un uomo perdonato da Dio: non è uomo esente da errori e veri e propri peccati. Ha avuto l’umiltà di riconoscerli, di chiedere e ottenere il perdono di Dio. Avuta misericordia, consapevole della debolezza umana, diventa capace di misericordia verso il suo avversario. Potremmo dire che vive quell’esortazione che sta al centro di questo Giubileo: Misericordiosi come il Padre. Nel Giubileo anche noi incontriamo la misericordia di Dio, riconosciamo davanti a lui il nostro peccato, siamo chiamati a diventare operatori di misericordia, senza negare la verità.

Il secondo insegnamento è da individuare nel senso delle istituzioni e nel rispetto profondo verso coloro che le rivestono. Questo vale per tutti, ma mi pare di poter dire che valga in un modo particolare per voi che operate nel mondo della comunicazione e avete un potere enorme nel proteggere o nel distruggere questi valori fondamentali di ogni società che voglia crescere nell’unità. Non si tratta di negare la verità o di diventare servi del potere, cosa che semplicemente non si addice alla dignità umana, prima ancora che alla dignità della professione che voi esercitate. Si tratta invece di saper cogliere, comunicare e salvare sempre ciò che, sia pure in una situazione molto particolare, Davide fa con il suo lamento funebre su Saul e Gionata, ma che ha sempre vissuto in tutta la sua vita da perseguitato. Davide non si lascia dominare dalla sua emotività e dalla sua delusione perché, dopo aver aiutato Saul, viene da lui combattuto e percepito come un rivale. Si difende, ovviamente, ma non stimola all’odio, meno che meno ricorre ad artifici o falsità per prevalere su colui che lo avversa. Si manifesta così come uomo profondamente onesto e giusto, non approfittatore, non ricorre a doppi messaggi tesi a creare artificiose contrapposizioni. Davide ha un forte senso dell’autorità e dell’unità del popolo di Israele che ha difesa a rischio della vita contro Golia, unità del popolo per la quale ha sempre operato, pur dovendo fuggire per salvare la propria vita.

Il terzo insegnamento lo traggo dal Vangelo. Viene raccontato un fatto straordinario: i suoi (parenti?) sentono quello che Gesù ha fatto e fa e dicono “è fuori di sé”. Immediatamente dopo, ma noi non l’abbiamo letto, viene detto che gli scribi, scesi da Gerusalemme, affermano “costui è posseduto da Beelzebul”. Se ci si fosse fermati alle chiacchiere di qualcuno, ai pettegolezzi o agli interessi poco nobili di qualcun altro (molto di parte e tesi solo a proteggere il proprio potere), quella sarebbe stata la verità da comunicare, alterando la verità dei fatti e rovinando, magari per sempre, la reputazione di Gesù presso molti che non avevano avuto l’occasione di incontralo e di conoscerlo di persona.

Tutto questo ci ricorda che la comunicazione ha un potere enorme: quello di contribuire a costruire o ad indebolire le istituzioni e le relazioni della vita civile e sociale e che ciò avviene quando essa si lascia catturare da interessi particolari o da smodato desiderio di potere. Essa ha un impatto forte sulle persone e sulla buona reputazione cui hanno diritto. “Parola dal labbro uscita, richiamar non vale”: la comunicazione una volta data, ha una sua vita propria che non è più in potere di colui che l’ha data, anche se questi cercasse di richiamarla e, quindi, di smentirla.

La indispensabile funzione sociale e civile della comunicazione e la necessità intrinseca della sua libertà, non possono esimerci dal coltivare un forte senso di responsabilità verso i valori civili e personali che con essa possono essere indeboliti, affermati o difesi a vantaggio di tutti. Il comunicare è in sé un atto etico che impegna alla ricerca della verità, con la consapevolezza dei nostri limiti nel conoscerla nella sua interezza, spesso ne conosciamo solo alcuni aspetti e riusciamo a coglierne solo alcuni risvolti, magari solo quelli più immediati e superficiali

È, quindi, atto che richiede molta umiltà, assenza di arroganza, profondo rispetto per le persone, sapendo cogliere non solo gli aspetti negativi, che magari sollecitano solo curiosità morbose, ma anche ciò che di positivo e di bello va costruendosi nella nostra convivenza.

Nella Bolla di Indizione dell’Anno Giubilare, al numero 12, il Papa afferma che “La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona” e, allo stesso numero, il Papa aggiunge: “Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre”.

Celebrate il vostro Giubileo della Misericordia: che il Signore dia a voi, e a ciascuno di noi, il dono di riconoscere di quanta misericordia abbiate bisogno sia come persone, sia per la vostra professione, ma anche di quanta misericordia, sia pur sempre nella verità, dovete avere voi stessi nei confronti delle debolezze delle persone di cui trattate e dei molti mali della società nella quale viviamo.”

Redazione: