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Reato di clandestinità: flash mob di 18 associazioni, “abrogare la legge”

Si è tenuto ieri davanti a Palazzo Chigi un flash mob a cui hanno partecipato 18 associazioni che a vario titolo si occupano di immigrazione (tra cui Medici per diritti umani, Amnesty international, Asgi, Cir) per riaccendere l’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico sul reato di immigrazione irregolare che il Governo ritarda ad abrogare, pur avendo da quasi due anni ricevuto mandato dal Parlamento. Con il messaggio “Migrare non è reato” veicolato attraverso ombrelli e il lancio dell’hashtag #migrarenonèreato, i volontari e gli attivisti di varie associazioni e movimenti, hanno chiesto al governo di abrogare “una legge ingiusta, inutile, dannosa e clandestina”. “Ingiusta – spiegano i promotori -, perché punisce una persona unicamente in base al suo status. Inutile, perché non ha alcun effetto deterrente sull’immigrazione irregolare e non ferma le stragi in mare, come confermano i dati. Dannosa, perché produce ghettizzazione, razzismo e disagio sociale. Clandestina, perché il governo avrebbe dovuto provvedere alla sua abrogazione ma ritarda, adducendo motivazioni di inopportunità temporale, psicologica e di percezione di insicurezza”. Già nell’aprile 2015, Amnesty International, A Buon Diritto, Asgi e Medici per i diritti umani avevano scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio chiedendo al Governo di esercitare la delega del Parlamento per procedere alla cancellazione del reato. Anche il procuratore capo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, sostiene che la legge andrebbe abrogata non solo per la sua inutilità ma anche perché dannosa. Oggi le associazioni rinnovano la richiesta al governo italiano di “dare seguito quanto prima all’incarico ricevuto, procedendo alla cancellazione definitiva e completa del reato di immigrazione irregolare” perché credono “che chi fugge da guerre, torture e miseria in cerca di una possibilità di esistenza debba essere tutelato e non punito, meriti protezione e non ghetti”.

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