Padre Adolfo Nicolás, Superiore generale della Compagnia di Gesù, ha visitato il 14 gennaio 2016 il “Centro Astalli – Servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia”, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Riportiamo ampi stralci del suo intervento, definito coraggioso da Antonio Spadaro, Direttore de La Civiltà Cattolica. Sull’ultimo numero della celebre rivista, in uscita proprio oggi, potrete leggere il testo in versione integrale.
Il Generale dei Gesuiti ha così esordito: “Bisogna essere grati ai migranti venuti in Italia e in Europa certamente per un motivo: ci aiutano a scoprire il mondo. Ho vissuto in Giappone per più di trent’anni e ho lavorato per quattro anni in un centro per migranti, la cui maggioranza non ha documenti in regola. Parlo dunque per esperienza vissuta. E, proprio alla luce di ciò che ho vissuto, lo confermo: le migrazioni sono una sorgente di benefici per i vari Paesi, e lo sono state da sempre, nonostante le difficoltà e le incomprensioni. La comunicazione tra le varie civiltà avviene, infatti, attraverso i rifugiati e i migranti: è così che si è creato il mondo che conosciamo. Non si è trattato soltanto di aggiungere culture a culture: è avvenuto un vero e proprio scambio”.
Secondo il religioso, l’immigrazione è stata determinante per la nascita e lo sviluppo della democrazia: “Sono i migranti che hanno creato un Paese come gli Stati Uniti, un Paese nel quale si è sviluppata la democrazia. Questo non è avvenuto per caso: è proprio perché si è creato un melting pot, una mescolanza di culture e di persone, che è nato un Paese così. E, ovviamente, potremmo fare altri esempi nel mondo: l’Argentina, ad esempio, e così via”.
In tal senso, ha continuato padre Nicolás, i migranti “ci possono aiutare ad aprire il cuore, ad essere più grandi di noi stessi. Si tratta di un grande dono. Quindi essi non sono semplicemente «ospiti», ma gente che può dare un contributo al vivere civile, e che offre un apporto notevole alla cultura e alle sue evoluzioni profonde”.
Il Superiore ha poi messo in evidenza il contributo che ogni continente dà a tutta l’umanità: “Un vescovo giapponese, riferendosi al versetto del Vangelo «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), diceva che l’insegnamento di Gesù si può applicare anche ad altre religioni. Adesso, come Superiore generale dei gesuiti, devo viaggiare spesso in tutto il mondo, e constato che questo vescovo aveva ragione. L’Asia, in particolare, si può considerare la «via». È infatti in Asia che si cerca sempre il percorso, il «come»: come fare yoga, come concentrarsi, come meditare. Yoga, zen, le religioni, il judo — ritenuto il cammino dei deboli, perché si serve della forza degli altri — sono tutti considerati come cammini. Senza creare opposizioni, bisogna considerare che l’Europa e gli Stati Uniti sono preoccupati soprattutto per la «verità»; l’America Latina e l’Africa sono preoccupate per la «vita»”.
Dalla particolare condizione dell’immigrato, ha concluso il religioso, emergono allo stesso tempo debolezze e punti di forza: “Inoltre, essi ci mostrano la parte più debole, ma anche la parte più forte dell’umanità. La più debole, perché hanno sperimentato. la paura, la violenza, la solitudine e i pregiudizi degli altri: questo fa parte della loro esperienza, lo sappiamo bene. Ma ci mostrano anche la parte più forte dell’umanità: ci fanno capire come superare la paura con il coraggio di correre dei rischi che non tutti sono in grado di correre. Essi hanno imparato a non essere bloccati dalle difficoltà nella loro voglia di futuro. Hanno saputo superare la solitudine con la solidarietà, aiutando gli altri, e hanno mostrato che l’umanità è debole, ma può anche essere forte. Ci hanno dimostrato persino che ci sono valori e realtà più profonde di quelle che abbiamo perduto. E questo accade quando si vivono situazioni estreme”.